“Dopo vittoria ‘No’, ora che succederà nell’adozione internazionale? Porre fine al clima di odio e veleni di questi 3 anni per gettare le basi di una rifondazione del sistema

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Il mondo delle adozioni internazionali conta poco, che rilevanza politica possono avere quelle poche migliaia di famiglie che cercano di dare una famiglia a dei bambini abbandonati?“. Deve essere stato questo il pensiero del premier Renzi  (in quanto Presidente del Consiglio ha la diretta responsabilità sull’adozione internazionale) da quando si è insediato a Palazzo Chigi, quasi 3 anni fa.

Infatti come è stata incomprensibile la scelta di affidare a Silvia Della Monica, già vicepresidente anche la delega di Presidente della CAI (Commissione Adozioni internazionali), creando così le premesse di una gestione assolutamente monocratica, autoreferenziale e non collaborativa, così del tutto inspiegabili sono stati i successivi comportamenti del Premier, inossidabile e sordo agli appelli che quotidianamente si levavano dalle famiglie adottive, associazioni familiari ed enti autorizzati.

Tre anni “costellati” da oltre 60 interpellanze parlamentari di denuncia dello stallo e dell’inefficienza della Commissione; articoli pubblicati sui maggiori quotidiani, servizi tv, programmi di approfondimento giornalistico e di inchiesta sui circuiti nazionali e internazionali; proteste di piazza e incatenamenti davanti Montecitorio nel tentativo disperato di fare sentire la propria voce che invece è rimasta per tutti questi anni inascoltata.

In un clima surreale si è assistito ad una paralisi progressiva: la Commissione non si è mai riunita; non si sono mai espletate riunioni con gli enti autorizzati; non sono stati convocati dei tavoli operativi; qualsiasi comunicazione con le famiglie è stata interrotta; la linea verde sospesa; i rimborsi per le adozioni internazionali destinati alle famiglie non sono stati più dati; delegazione dei Paesi esteri annullate, crediti per progetti di Cooperazione internazionale non pagati agli enti; e ancora, personale della CAI che va riducendosi sempre più senza essere sostituito: ne è un esempio il caso del Dirigente generale, Anna Siggillino, il cui mandato è scaduto e, fino a questo momento, non è stato affidato a un’altra persona.

Tre anni in cui si è assistito ad una situazione da tutti definita surreale: una “zona franca” all’interno della nostra Repubblica dove democrazia e legalità sono state sospese.

Ma soprattutto questo stato di cose ha portato alla nascita  di una assurda stagione di  veleni  da cui è scaturito un  clima odio, mai conosciuto prima: fazioni di enti contro altri enti, famiglie contro famiglie, di schieramenti “pro” e “contro” la CAI, di vera e propria caccia alle streghe, di accuse infondate e non verificate, dinamiche e meccanismi da vera e propria macchina del fango.

Eppure il sistema dell’adozione internazionale dovrebbe essere – e così è stato per alcuni periodi fortunati – il “luogo” della massima collaborazione fra Stato, Enti e famiglie in cui l’obiettivo finale è quanto di più meraviglioso si possa immaginare: ovvero dare una famiglia ad un bambino abbandonato, il più grande atto di giustizia che sulla terra un uomo e una donna possano fare.

Con il risultato che sempre meno famiglie si sono avviate all’adozione internazionale che in questo modo ha iniziato la sua fase “calante” verso una lunga e lenta agonia.

Un improvviso entusiasmo ha rianimato tutti quando lo scorso 21 giugno il governo Renzi ha nominato presidente della Cai, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi: sembrava essere un momento di svolta e soprattutto di presa di consapevolezza che bisognasse mettere ordine in questo delicato settore e fare ripartire le adozioni internazionali in nome della legalità e trasparenza con le famiglie e con gli enti autorizzati.

Incoraggiati da quanto la stessa Boschi aveva dichiarato in audizione in commissione Giustizia lo 20 luglio scorso, che non solo avrebbe convocato la CAI già in settembre 2016, ma avrebbe dato il via ad un concreto programma di ripresa. Anche qui un’ altra cocente delusione: i mesi sono passati invano e nulla è successo. Anzi uno scontro istituzionale fra Presidente e Vicepresidente ha fatto piombare la CAI  in una paralisi totale.

Che potevano fare quindi le famiglie adottive? Da povere Cenerentole hanno  fatto sentire la loro  flebile voce: fra le tante questioni del referendum così importanti come , la legge elettorale o l’ abolizione del bicameralismo perfetto, ci sono anche le deboli voci di migliaia di bambini abbandonati che chiedono in silenzio una chance nella loro vita.

E ora che succederà?

Noi rivolgiamo in primo luogo a colui che in questo difficile frangente dovrà garantire il passaggio da un governo ad un altro (se sarà questo che dovrà avvenire) il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, chiunque sarà alla guida della CAI, si ponga innanzitutto un primario obiettivo: porre fine a questo stagione di veleni e  di odio, ristabilendo  un clima di reciproco rispetto e collaborazione per gettare le basi di  una rifondazione del sistema adozione internazionale.