Gioia, conversione e discernimento per avvicinarci alla venuta del Signore

giovanni battistaL’evangelista Luca narra la venuta della Parola di Dio su Giovanni Battista che percorre tutta la regione del Giordano predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, dando così attuazione a quanto scritto dal profeta Isaìa nel libro degli Oracoli. Dal testo di Luca (Lc 3,1-6), dal brano del profeta Baruc (Bar 5,1-9) e dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (Fil 1,4 – 6,8-11) prende spunto la riflessione di don Maurizio Chiodi , assistente spirituale nazionale di Ai.Bi. Amici dei Bambini e La Pietra Scartata per la seconda domenica di Avvento.

VANGELO Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,1-6 

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.

Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:

«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!

Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

 

 

 

Continuiamo il nostro cammino incontro al Signore, con questa seconda domenica di Avvento.

Mi sembra che la Parola di Dio oggi ci suggerisca tre atteggiamenti, tre caratteristiche che dovrebbero segnare questo nostro tempo di Avvento. Sono la gioia, la conversione, il discernimento. Non c’è l’una senza l’altra; non c’è conversione cristiana senza gioia e non c’è conversione gioiosa senza discernimento concreto.

Tante volte, invece, noi non associamo la conversione alla gioia. Piuttosto, abbiamo un’idea ‘volontaristica’ della conversione, come se fosse una fatica che ci dobbiamo imporre, un peso grave che preferiremmo non portare.

Oggi, invece, la Parola di Dio ci dice che non c’è gioia cristiana senza conversione e che la conversione è ‘spinta’ dalla gioia.

Allora partiamo proprio da questa.

 

Così comincia il profeta Baruc, nella prima lettura: «Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione».

Al tempo del profeta il popolo ebreo viveva in esilio. Era un momento difficilissimo della sua storia. Sembrava che il Signore avesse abbandonato il suo popolo. Dopo aver perso tutto, la terra, il santuario, l’indipendenza politica, Israele viveva un autentico dramma.

E’ in questa situazione terribile e angosciante che risuona la parola del profeta, a nome di Dio stesso. E’ un invito a non essere più afflitti e ad abbandonare il lutto, la tristezza. «Rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre». E’ l’esortazione a rivestirsi di abiti di gioia, di adornarsi di gioielli di Dio!

Ma perché? Come si fa a gioire quando si è nel lutto, quando si è afflitti?

 

Questa è una situazione che tocca anche noi.

Noi stiamo attraversando un momento difficile della nostra storia, in occidente. Come non mai, oggi, ci sentiamo minacciati dall’ombra scura del terrorismo, oltre che della guerra. Come si fa a gioire?

Anche nella nostra vita personale, magari, molti di noi stanno attraversando prove, fatiche, malattie, difficoltà economiche e lavorative, lutti.

Come si fa a gioire?

 

La gioia di cui ci parla il profeta nasce dalla speranza e questa scaturisce da quello che Dio sta per fare, per grazia: «Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo». Ma come?

Il profeta si rivolge a Gerusalemme che era stata distrutta e svuotata dai suoi abitanti e le dice: «guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, che … esultanti per il ricordo di Dio» stanno ritornando a te: «si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale». Ti hanno abbandonato fuggendo via. Ora ritornano in trionfo.

In modo molto simile, dice il bellissimo salmo 125 (126):«Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia … eravamo pieni di gioia»

La gioia nasce dal dono di Dio, da quello che il Signore sta operando nella storia di questo popolo: «Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro».

 

E nel Vangelo di Luca, citando l’altro profeta Isaia, così viene sintetizzata la predicazione di Giovanni, la «voce di uno che grida nel deserto: … ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate».

Tutte immagini molto forti per dire: “guarda, il Signore sta per spianare gli ostacoli, sta per raddrizzare le cose storte, sta per colmare le fratture, le voragini”.

Queste cose il profeta Baruc e il profeta Isaia le dicevano a un popolo che era ancora in esilio, in Babilonia.

E’ come se questi profeti dicessero: “siete nella gioia, se continuate a sperare e a credere che il Signore non vi abbandona, perché siete stati voi ad abbandonare Lui! Ora è Lui che vi ricondurrà alla gioia”.

 

Il salmo traduce questa verità in un linguaggio universale:«Nell’andare, se ne va piangendo, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con gioia, portando i suoi covoni».

In effetti, tutti comprendiamo che chi semina non vede ancora quello che crescerà. Lui porta il seme, nella fatica, nell’apparente inutilità, nell’aridità di chi getta via e non sa che cosa tornerà a lui.

Poi, però, quando torna, il contadino è tutto felice, pur sotto il peso del raccolto. Viene con gioia perché vede il frutto della fatica.

Ecco allora la conversione: è questo ritornare con gioia, perché è il Signore che ci conduce, è Lui che ci attrae a sé. Israele torna perché Dio gli ha preparato la strada.

 

Nel vangelo si dice che Giovanni Battista percorre «tutta la regione del Giordano», da nord a sud, «predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati».

Attenzione, però: non è che noi ci dobbiamo convertire per essere perdonati dai nostri peccati. Noi ci convertiamo perché siamo stati perdonati dei nostri peccati! La conversione è l’effetto del perdono, non è la sua ‘origine’. E’ il perdono che produce’ in noi la conversione, il ritorno al Signore.

Se invece pensiamo, come è molto facile, che il Signore ci perdona solo perché noi ci siamo convertiti a Lui, allora, la nostra non è fede in Lui, ma in noi stessi, nella nostra capacità di cambiare, da soli.

Invece la nostra capacità di cambiare, la conversione, è una risposta all’iniziativa di Dio, al suo perdono e alla sua grazia.

Questo annuncia Giovanni, riprendendo Isaia. Questo annuncia Baruc: è il Signore che viene a voi: «Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

E’ l’annuncio di Gesù!

 

E, infine, la conversione, che nasce dalla gioia, richiede il discernimento. Ma anche la gioia richiede il discernimento. Paolo, scrivendo ai Filippesi, dice di pregare per loro: «prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio».

A me pare che questo discernimento, questa capacità di «distinguere ciò che è meglio»      debba andare in due direzioni.

Anzitutto è il discernimento di chi sa vedere nella sua storia e nella storia del mondo i segni dell’agire di Dio, i semi di speranza che il seminatore sta gettando nella sua vita, i burroni che Dio sta riempiendo, i sentieri storti che Dio sta raddrizzando, le montagne che Dio gli sta spianando.

Occorre rendere acuto il nostro sguardo. Occorre che non ci lasciamo vincere dall’afflizione, dalla tristezza, dallo scoraggiamento. Occorre avere occhi per riconoscere il bene che il Signore ci sta donando.

E poi, da qui nasce la nostra risposta. Da qui nasce la seconda direzione del discernimento. E’ necessario rispondere al dono di Dio, concretamente, con opere di conversione.

 

Conosciamo le nostre debolezze. Conosciamo le nostre infedeltà, sappiamo bene i nostri difetti.

In questo tempo di Avvento, chiediamo al Signore che ci doni di discernere un piccolo gesto di conversione, di cambiamento: nella preghiera, nella carità, nell’ascolto della Parola o nella fraternità.

Tutto questo, però, come una risposta gioiosa alla sua opera di grazia: la nostra giustizia sia la risposta alla sua misericordia per noi!