Gli aggiornamenti dell’Albo degli Enti: un’occasione mancata

famigliaLa Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) ha pubblicato sul proprio sito internet l’aggiornamento dell’Albo degli enti autorizzati riportando le aree di competenza a livello nazionale e le autorizzazioni-paese aggiornate. La modifica non è completa: alcune schede sono in corso di aggiornamento e saranno sostituite non appena saranno approvati i nuovi ambiti territoriali.

A una prima lettura delle tabelle, tuttavia, emerge subito un dato evidente e più volte sollecitato da Ai.Bi. e dal coordinamento di Enti autorizzati “Oltre l’adozione”: la creazione delle cinque macro-aree regionali ha penalizzato il servizio di accompagnamento e formazione delle coppie adottive sul territorio. In base ai nuovi criteri di accreditamento è infatti possibile per un ente accettare gli incarichi delle coppie residenti nella macro-area di appartenenza e perfino quelli delle coppie che hanno la residenza nelle regioni limitrofe alla loro macroarea.

Nella pratica questo significa che una coppia di Milano, ad esempio, potrebbe dare l’incarico a un ente che ha la sede a Udine, con evidenti difficoltà per la formazione della famiglia adottiva, sia nella fase iniziale che in quella del post-adozione. Oppure: basta che un ente abbia una sede in Emilia Romagna e una in Campania per poter abbracciare con il proprio operato l’intero territorio nazionale.

Gli aspiranti genitori adottivi non possono così beneficiare di un adeguato sostegno da parte dell’ente, né appare possibile la collaborazione con i Servizi sociali a livello locale.

“Oltre l’adozione” chiedeva invece un’operatività regionale degli Enti, ovvero la presenza di una sede in ogni regione per formare le coppie sul territorio e offrire così un servizio di sostegno e accompagnamento.

Per far fronte alla nuove sfide dell’adozione, infatti, l’ente dovrebbe essere autorizzato a operare solo nelle regioni in cui ha la sede per seguire le coppie non solo nel momento della formazione, ma anche nella delicata fase dell’ingresso del figlio adottivo in famiglia.

In questo modo non è stata razionalizzata e risolta la questione del numero esorbitante e della disomogeneità degli Enti, tantomeno la questione del radicamento sul territorio.

Un’occasione mancata.