Moldova: il dramma dei minori sottoposti all’abuso sessuale in famiglia

moldova_spalleLa notizia è di quelle “da pelle d’oca”: in Moldova decine di ragazze risultano violentate proprio dagli uomini delle loro famiglie. Padri, fratelli, zii che, invece di proteggere le bambine si trasformano in temibili orchi.

Ma l’aspetto, se possibile ancor più preoccupante della vicenda, consiste nel fatto che molti di questi reati non vengano mai alla luce, non siano denunciati dalle vittime per vergogna o per paura, lasciando i carnefici in libertà o assegnando loro semplici sanzioni simboliche.

Quando una vittima osa alzare la testa e difendersi, va incontro a un percorso pieno di ostacoli: è il caso di Anisoara, che aveva solo cinque anni quando il padre ha cominciato a maltrattarla e 11 anni quando è stata violata per la prima volta. L’intero villaggio era a conoscenza del dramma che viveva la sua famiglia, ma ha preferito il silenzio.

Il padre-mostro teneva in pugno la famiglia, ma la moglie ha fortunatamente trovato la forza per chiedere aiuto al Centro di Assistenza Psicologica al Bambino e alla Famiglia “Amicul“. Dalla denuncia, si è avviato un processo durato due anni e mezzo: il “lieto fine”, se così si può definire, consiste nel trasferimento dell’uomo presso il carcere di Pruncul, ma per Anisoara il trauma resterà indelebile.

Come per Alina, 13 anni e una vita di abusi e violenze perpetrate dal padre: sua madre, distrutta dai pestaggi e dai maltrattamenti, è mancata a 30 anni senza poter vedere assegnato alla giustizia il padre-orco di Alina.

Altra ragazza, altra tragica vicenda: Madalina è stata sottoposta, dall’età di 11 anni, all’abuso sessuale dal patrigno, che minacciava di sparare alla madre se ne avesse parlato con qualcuno.

Da ragazza diligente, brillante studentessa si è trasformata in una ragazza sbandata, indirizzata su una strada pericolosa.

Su un aspetto tutti gli esperti sono concordi: le pene per crimini di questo genere devono essere più severe: “Il reato di abuso domestico in Moldova viene catalogato come incesto e non come stupro e, in base al Codice Penale, viene punito con un massimo di 5 anni di detenzione, mentre lo stupro comporta fino a 20 anni di pena.

Quasi mai il colpevole è arrestato, riuscendo a compromettere prove e influenzare testimoni; ciò accade soprattutto nei villaggi, dove si commettono molti abusi sessuali e la polizia rimane comunque indifferente“, sostiene l’avvocato Tatiana Catană. “Inoltre, la legislazione non prevede una misura assolutamente necessaria come l’isolamento del minore”.

Un altro aspetto che aiuta l’aggressore a sottrarsi alla punizione è la riconciliazione delle parti. Spesso i genitori accettano, dietro compenso in denaro, la riconciliazione. La madre ritira la querela dalla polizia, perdona l’aggressore e condanna, in tal modo, sua figlia a convivere con l’uomo che l’ha violentata: la obbliga quindi ad essere continuamente in pericolo“, afferma Iurie Perevoznic.

Dopo il ritiro della querela, la questione viene rapidamente archiviata.

Mentre è fondamentale che questi casi escano allo scoperto e vengano risolti, perché hanno conseguenze assai gravi sulle vittime: spesso il trauma psicologico che non è stato trattato porta alla trasformazione della vittima in aggressore.

Tante vittime della “tratta delle donne” sono state violentate da bambine dal padre, o dal fratello, oppure da altri uomini della famiglia. Una donna su due, assistita dall’Organizzazione Internazionale per la Migrazione, ha dichiarato di essere stata forzata a intrattenere rapporti incestuosi.

Lilia Gorceag, psicologo presso il Centro di assistenza delle vittime della tratta di esseri umani, conferma che le ragazze violentate nell’infanzia, finiscono sempre più spesso nelle mani dei trafficanti.