Immigrazione e minori. Non c’è un’ accoglienza adeguata nel Paese di origine? Nessun rimpatrio per il minore

La Corte di Giustizia Europea: nel caso in cui nel Paese di origine del giovane non sussista la possibilità di ricevere accoglienza adeguata, la decisione di rimpatrio, seppur presa, non può essere eseguita.

“Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, uno Stato membro deve accertarsi che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per il minore, Inoltre, se al momento dell’allontanamento non è più garantita un’accoglienza adeguata, lo Stato membro non potrà eseguire la decisione di rimpatrio”. Così si legge in una nota emanata dalla Corte di Giustizia europea all’indomani di una importante sentenza che ha visto chiarire la necessaria presa in considerazione “dell’interesse superiore del bambino”, in ogni fase della procedura, quando uno Stato membro intenda adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato.

Sarà quindi compito dello Stato effettuare  sempre “una valutazione generale e approfondita della situazione del minore”. Diversamente, nel caso in cui nel Paese di origine del giovane non sussista la possibilità di ricevere accoglienza adeguata, la decisione di rimpatrio, seppur presa, non potrebbe essere eseguita. L’allontanamento potrebbe infatti comportare il rischio di porre il minore in una situazione di grande incertezza quanto al suo status giuridico e anche riguardo al suo futuro: “In particolare quanto alla sua frequenza scolastica, al suo legame con una famiglia di affidamento e alla possibilità di rimanere nello Stato membro interessato, il che sarebbe contrario all’esigenza di tutelare l’interesse superiore del bambino in ogni fase della procedura”.

La vicenda

La vicenda da cui emerge l’importante dettato chiarificatore della Corte è quella di un minore non accompagnato TQ nato in Guinea, che nel 2017, all’età di 15 anni, aveva presentato nei Paesi Bassi domanda di permesso di soggiorno a tempo determinato a titolo di diritto d’asilo.

Dopo la morte della zia con la quale viveva, ha raccontato TQ, è giunto in Europa finendo ad Amsterdam vittima della tratta di esseri umani e di sfruttamento sessuale. Tale situazione avrebbe causato in lui  gravi turbe psichiche. Nel marzo del 2018, ecco sopraggiungere il diniego da parte dei Paesi Bassi del permesso di soggiorno. TQ non si arrende e decide di rivolgersi in tribunale, ma anche il giudice del rinvio conferma che il giovane non ha diritto di beneficiare né dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria, deve essere quindi rimpatriato. TQ  afferma “di non sapere dove risiedono i suoi genitori, che non sarebbe in grado di riconoscerli al suo ritorno, non conoscerebbe alcun altro suo familiare e non saprebbe neppure se ne esistano”, ma niente.

Un trattamento diverso in base alla differente minore età…

Il diniego, spiega il giudice del rinvio, si basa su una normativa dei Paesi Bassi, che potremmo definire alquanto curiosa.

 La disciplina infatti permette, per i minori non accompagnati di età inferiore ai quindici anni, alla data di presentazione della richiesta di asilo, la possibilità di effettuare un’indagine sull’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio. Nel caso in cui questa si valuti assente, sarà possibile concedere al bambini un permesso di soggiorno ordinario. Per i minori di età pari o superiore a quindici anni alla data di presentazione della domanda di asilo, invece il discorso cambia. L’ indagine non è prevista e le autorità dei Paesi Bassi, al compimento dei 18 anni, hanno il via libera all’ esecuzione alla decisione di rimpatrio. Prima del compimento della maggiore età il loro soggiorno è irregolare ma comunque tollerato.

Il giudice del rinvio, pur negando il diritto di TQ, decide comunque di adire la Corte di Giustizia per conoscere il parere sulla conformità con il diritto dell’Unione della distinzione operata dalla normativa interna.

La Corte interrogata ha così chiarito l’ esigenza di tutelare l’interesse superiore del bambino in ogni fase della procedura e la necessità che  nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per il minore allontanato, sottolineando come “l’età costituisca soltanto uno dei vari elementi per verificare l’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio – e come –uno Stato membro non può operare una distinzione tra i minori non accompagnati in base al solo criterio della loro età al fine di verificare l’esistenza di tale accoglienza”.