Istituzioni, enti e famiglie d’accordo: “Superare l’attuale paralisi e gestione monocratica della Cai. Il futuro dell’adozione internazionale passa dal dialogo tra i vari attori del sistema”

senatoNon sono solo la crisi economica, i costi proibitivi, i tempi lunghi e la burocrazia insuperabile le cause del crollo delle adozioni internazionali in Italia. Tra i fattori che hanno allontanato le coppie dalla voglia di adottare c’è anche l’assenza di un coordinamento e di uno spirito collaborativo tra le varie realtà istituzionali e associativa operanti del settore. Il mondo dell’adozione internazionale, insomma, appare sempre più lontano dalle famiglie e dai bambini abbandonati. È quanto emerso mercoledì 8 luglio dalla conferenza “Adozioni internazionali: quale riforma?”, che si è tenuto a Roma presso la sala Isma del Senato. Un’iniziativa del senatore Aldo Di Biagio (Area Popolare) con la partecipazione della sua collega Rosetta Enza Blundo (Movimento 5 Stelle), che sono riusciti così a creare l’occasione per un confronto costruttivo tra istituzioni, politica, enti autorizzati e rappresentanti delle famiglie, con l’obiettivo di individuare la giusta via di uscita da questa crisi.

Il dibattito ha preso le mosse dalla consapevolezza, condivisa da tutti i partecipanti all’evento, della gravità dell’attuale situazione e della necessità di un netto cambiamento di rotta. Il principale imputato è il sistema-Italia dell’adozione internazionale.  Anna Maria Colella, presidente dell’Arai, ente autorizzato della Regione Piemonte, denuncia in particolare “le condizioni disumane in cui versano molti dei bambini in attesa di adozione”, sottolineando come le maggiori carenze da colmare siano quelle della fase post-adottiva, dove “i genitori si sentono completamente abbandonati e non tutelati”.

“La Commissione Adozioni Internazionali, nel frattempo, ancora oggi non diffonde i dati sulle adozioni del 2014, mettendo così in grave difficoltà operativa sia gli addetti ai lavori che le famiglie”, avverte Monya Ferritti, presidente del coordinamento di famiglie adottive CARE. E continua rilevando che è proprio ora, in questo contesto così critico che servirebbe una cabina di regia forte e in grado di agevolare il dialogo fra i vari attori del sistema-adozioni garantendo la possibilità di adozioni “sostenibili” e infrangendo “la sterile discussione su qualità versus quantità”.

Quella stessa Cai che vive da un anno e mezzo la paradossale situazione di “un accentramento di cariche in una sola persona che mal si concilia – afferma Blundo – con quel metodo della condivisione che dovrebbe ispirare il settore e garantirne il miglior funzionamento possibile”. A questi problemi si aggiungono quelli degli enti: “troppi e differenti per costi, modalità di pagamento, gestione dei mandati”, come rileva Anna Guerrieri dell’associazione familiare “Genitori si diventa”. “Riportare l’adozione al centro di un’attenzione positiva delle Istituzioni e della Politica – spiega Guerrieri – può essere realizzato in modo credibile solo scegliendo di sostenere per davvero le famiglie che adottano”. Gli enti, dal canto loro, sentono tutto il peso della crisi perché, ricorda il presidente del Cifa Gianfranco Arnoletti, “la burocrazia ha appesantito i costi dell’adozione di 3 volte e questo lo paghiamo in termini di qualità”. È la stessa burocrazia, sottolinea ancora Blundo, a ostacolare gli iter adottivi e a scoraggiare pesantemente le famiglie. Ma quel che è peggio è che tutto questo avviene nel disinteresse più totale delle istituzioni. “Da diversi mesi c’è troppo silenzio sulle adozioni”, denuncia Pietro Ardizzi, portavoce del coordinamento di enti “Oltre l’adozione”, che ravvisa “nella gestione degli ultimi tre governi il fallimento del sistema adottivo italiano”, con pesanti tagli che hanno “penalizzato fortemente le risorse indispensabili a tutti i soggetti delle adozioni”. Insomma, in poco tempo si è annullato quanto si è tentato di costruire in questi anni, lamenta ancora Colella.

La via di uscita da una tale situazione è per tutti quella della condivisione. “Privilegiare la gestione aperta, trasparente e trasversale” deve essere, per Blundo, l’imperativo della Cai. E al contempo riconoscere che “gli enti sono una ricchezza da cui attingere in una collegialità”, a fronte delle attuali “decisioni monocratiche della Cai”, afferma il senatore del Nuovo Centrodestra Carlo Giovanardi. Il quale parla di illegalità a proposito dell’attuale gestione delle adozioni internazionali, affermando che occorre “recuperare il rapporto tra istituzioni, famiglie e territorio, ma sempre nel pieno rispetto delle normative vigenti”.

La strategia per il futuro deve basarsi sulla promozione di una  cultura dell’adozione che permetta di snellire le procedure, rendere meno oneroso l’iter e accompagnare davvero le coppie, che troppo spesso si sentono lasciate sole. Queste ultime hanno diritto a un supporto da parte delle istituzioni (Colella), in particolare nel post-adozione, obiettivi raggiungibili solo cambiando le Linee guida, come sostiene Melita Cavallo, presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma. “Per un’azione politica seria e positiva è necessario fare una scelta: sostenere le famiglie adottive”, sintetizza Guerrieri. Le fa eco il senatore Maurizio Romani (gruppo misto) che raccomanda di “ascoltare molto di più le famiglie  e le associazioni, in un approccio gestionale trasparente, coordinato da linee guida rigorose e puntuali”.

Davanti a una crisi creata anche dalle difficoltà di dialogo tra i vari attori del sistema, il futuro dell’adozione internazionale non può non passare dalla ricerca di occasioni di confronto e dall’avvio di quello che Di Biagio ha definito “un tavolo tecnico per giungere a un testo di riforma condiviso da tutti”. Perché la questione delle adozioni “deve entrare a far parte del welfare e il governo se ne deve fare carico”, ha concluso Di Biagio. Concetti ripresi anche dal senatore del Partito Democratico e padre adottivo Stefano Collina: “Bisogna farsi carico di una collaborazione aperta che porti a un tavolo di lavoro che ci consenta di fare dei passi avanti”. Un dialogo inteso come ritorno al “patto tra famiglie e governi”, con la politica direttamente impegnata nella promozione dell’adozione internazionale, è l’auspicio anche di Marco Griffini, presidente di Amici dei Bambini.