La guerra di Marco. A 6 mesi, è passato da un ospedale all’altro: ora ha bisogno di una famiglia speciale

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Marco ha sei mesi ed è malato, ma questa non è la sua unica sfortuna: dopo essergli mancato il sostegno di “Madre Natura”, gli è venuto meno anche quello della sua “madre naturale”. Marco ora è solo.

Nelle sue poche settimane di vita, il piccolo è passato da un ospedale all’altro, dalle braccia di un’infermiera all’altra. Ancora non sa cosa sia una famiglia. Ancora non sa cosa sia una casa.

Per questo motivo, il Tribunale per i Minori di Catanzaro si è rivolto ad Ai.Bi., perché lo aiuti ad amplificare il grido di questo piccino, per farlo risuonare in profondità, nelle coscienze di quanti potrebbero farsi avanti, alzare la mano e dire: “Ci siamo, ci stiamo, ci prenderemo cura noi, di lui”.

Con la speranza, insomma, che qualcuno si assuma l’impegno e la responsabilità di adottare questo bambino “special need”, che ha bisogno di molte attenzioni e di tanto amore. Una famiglia che sia degna di Marco, e pronta a combattere la sua “guerra”, al suo fianco.

 

Si riporta di seguito, integralmente, la scheda di presentazione del minore predisposta dal Tribunale.

 

Marco ha circa sei mesi, trascorsi tutti in ospedale: il piccolo ospedale di provincia dove è nato, il grande centro di eccellenza pediatrica dove è ancora ricoverato.

Per questo ha conosciuto esperte vigilatrici d’infanzia, gentili infermiere, una suora affettuosa, e tanti neonatologi, pediatri, illustri specialisti.

E’ stato sottoposto a prelievi, ecografie, radiografie, indagini strumentali, test diagnostici invasivi, monitoraggi e consulenze, terapie mediche, procedure chirurgiche e fisiche, perché Marco ha una malattia rara, geneticamente determinata.

Una malattia che ha preteso dal piccolo un enorme tributo di sofferenze, dal Sistema Sanitario Nazionale un notevole sforzo economico, dai ricercatori esperti e dai clinici scrupolosi tanto impegno e diligenza, ma non ha ancora un nome.

Forse una forma grave della sindrome di Marfan, o forse la sindrome di Beals o ultima, e più probabile ipotesi, la sindrome di Escobar.

Certo Marco ha un’artrogripposi multipla, un opistotono “marcato”, si alimenta attraverso una gastrostomia, porta tutori agli arti inferiori ed ha un criptorchidismo bilaterale.

I cacofonici termini tecnici non riescono a celare una realtà complessa: deformità dei quattro arti (le malformazioni dei piedi rendono solo possibile, ma certo ardua e tardiva l’acquisizione della stazione eretta e la deambulazione autonoma). L’incapacità a deglutire ha reso necessario praticare una gastrostomia (l’inserimento nello stomaco di un tubicino attraverso il quale vengono somministrate specifiche miscele nutritive); la gestione della gastrostomia a domicilio è agevole, ma impegnativa. I tutori ortopedici che danno sostegno agli arti malformati e vanno calzati correttamente, progettati e collaudati sulla singola deformità e periodicamente adeguati alla crescita del bimbo. Per correggere l’opistotono (posizione forzata in massima estensione del capo e della colonna vertebrale) Marco pratica quotidianamente fisioterapia e viene adagiato su un sedile progettato e costruito per lui, anche questo deve essere periodicamente adattato alla sua crescita. Il criptorchidismo (l’assenza dei testicoli nello scroto) potrà essere corretto chirurgicamente nei prossimi mesi.

La valutazione dello sviluppo psicomotorio in un bambino con così evidenti impedimenti fisici, ospedalizzato fin dalla nascita, è limitata, ma la responsabile del Reparto di Malattie rare, dove il piccolo è ospitato da molti mesi, ritiene che lo sviluppo cognitivo sia adeguato all’età, le infermiere sono innamorate di lui e la suora sostiene che Marco sia “tanto bellino”.

Per i bisogni speciali di un bambino con una malattia “rara” occorre una delle “rare” famiglie con enormi risorse:

– Affettive: sorridere mentre si accoglie un bambino “raro”, sorridere quando si condivide la sofferenza e si accetta l’handicap, e sorridendo affrontare le inevitabili delusioni e l’incertezza della prognosi.

– Di tempo: genitori molto presenti e capaci di stimolarlo, accompagnarlo nel suo peregrinare fra fisioterapisti e specialisti, accudirlo, curarlo e coccolarlo; e ancora disponibilità di tempo nel medio e lungo termine, perché la prospettiva di una completa autonomia è improbabile e certo non imminente.

– Culturali: genitori in grado di gestire la gastrostomia e tutti i presidi sanitari di cui Marco può e potrà giovarsi; capaci di confrontarsi e incontrasi con il mondo della disabilità e accompagnare il piccolo nell’arduo percorso che gli permetta di cogliere tutte le opportunità che le sue condizioni gli consentono.

– Logistiche: gli spazi di Marco devono essere adattati per ospitarlo; il mondo per un bambino disabile può essere pieno di ostacoli e barriere, il suo ambiente lo ripara dalle cadute, lo stimola senza disturbarlo, lo accoglie senza impacciarlo. Marco è seguito da medici e operatori sanitari con competenze specifiche che si incontrano più probabilmente nei grandi centri ad alta specialità.

– Economiche: molti dei presidi sanitari di cui Marco dispone attualmente sono a carico del SSN, quasi tutti sono “rimborsabili”, cioè le spese vanno anticipate dalla famiglia.

– Solo una coppia capace di appassionarsi alla guerra di Marco, sostenendolo in ciascuna battaglia, merita di diventare la sua famiglia.