Le vittime nascoste del Covid: i bambini non nati

In un quadro già di accentuata denatalità, il Covid ha inferto un ulteriore colpo alla nascita dei bambini. L’allarme lanciato dal Presidente dell’Istat Blangiardo

Il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo torna a parlare di emergenza natalità. Lo fa attraverso le pagine del quotidiano La Verità, con una lunga intervista in cui ribadisce argomenti già più volte affrontati, ma allarga l’analisi alla politica e alle sfide decisive per il futuro.

Il Covid ha inciso sulla scelta delle famiglie di avere un figlio

Il punto di partenza è quello, purtroppo, ormai noto: dal 2008 si assiste a un costante calo della natalità, con il 2020 fermatosi a 404.000 nuovi nati e il 2021 che promette di scendere sotto quota 400 mila.
In questo scenario già precario, il Covid ha inferto un nuovo, duro, colpo: a marzo 2020 i concepimenti sono crollati e, di conseguenza, nove mesi dopo (a dicembre 2020) c’è stato un calo di nascite del 10,3%. Calo che, sottolinea Blangiardo, nelle province più colpite dalla prima ondata ha raggiunto il 30%, a riprova di come il Covid abbia sconvolto i piani delle famiglie e spinto all’estrema prudenza nei confronti del futuro.
“Il timore di avere difficoltà di ordine economico, soprattutto tra i lavoratori precari e in certi particolari settori, si fa sentire. Se in casa salta il secondo reddito, è naturale che le famiglie si interroghino sui loro progetti di vita” – afferma il Presidente Istat.
E le cose non vanno meglio in previsione futura: “Parlando da demografo – riporta La Verità le parole di Blangiardo – mi aspetto brutte notizie anche sulle nascite di questa estate. I dati saranno diretta conseguenza dell’ultima ondata di contagi, quella iniziata nell’autunno dello scorso anno. Ragionevolmente, non mi aspetto nessun significativo recupero”.

Non solo incentivi, c’è bisogno di un cambio culturale

Senza un’inversione di rotta, l’orizzonte che si profila è quello già detto: una popolazione di 32 milioni di persone, nella quale aumenta l’aspettativa di vita e, dunque, invecchia l’età media. Eppure, in altri Paesi qualcosa è cambiato, grazie a una politica più lungimirante che non si limiti solo a iniziative di natura puramente economica, come il meritorio assegno unico universale, ma introduca e promuova una cultura demografica diversa: “Ancora non vedo la giusta sensibilità per un tema che la comunità dei demografi, e non solo, sta sollevando da tempo”, specifica Blangiardo, eppure Paesi come Germania, Slovacchia, Polonia, Ungheria e Romania, che avevano una fecondità simile alla nostra, “grazie a politiche mirate di ampio respiro, sono riusciti a rialzarsi. I nuovi nati garantiscono nuova linfa e crescita economica. L’insegnamento dell’estero ci dimostra che, pur senza chiedere miracoli, bloccare la discesa e invertire la tendenza non è impossibile”.
L’immigrazione, che in questi frangenti viene sempre richiamata come possibile soluzione, può dare un contributo, ma non è “la magica soluzione”, spiega Blangiardo.

Colpisce sempre, invece, in questi contesti, la mancanza di accenni all’adozione internazionale: sicuramente anche questa, da sola, non potrà mai essere una soluzione definitiva al problema della denatalità, ma è anche vero che potrebbe dare un contributo importante e, soprattutto, anche solo parlarne darebbe un segnale importante sul fatto che la mentalità sta cambiando e che la cultura della famiglia e della natalità, in tutti i suoi aspetti, è un argomento che non si limita ai titoli dei giornali o alla speranza per qualche nuovo incentivo da parte del governo.