Lorella Cuccarini: “Adozione dimenticata da tutti. Perché non mettere un ticket come per l’eterologa?”

cuccariniIl forte calo delle adozioni ci porta a una riflessione generale sul sistema e sulla pratica della fecondazione eterologa. Intanto il numero di bambini abbandonati rimane tristemente elevato. Di seguito riportiamo un articolo su questi delicati temi, scritto dalla celebre conduttrice televisiva Lorella Cuccarini, per la rivista “Adesso”.

 

A volte, ho la sensazione che nel nostro Belpaese si sia perso il più semplice e puro buonsenso.

In Italia, ormai il luogo dove si legifera più spesso non è il Parlamento ma le aule giudiziarie. E capita soprattutto a proposito di temi complessi che spaccano il Paese, come nel caso della fecondazione eterologa. Dalla sentenza della Corte Costituzionale di alcuni mesi fa – in cui si è dichiarato legittimo l’uso di questa tecnica – ad oggi non esiste ancora traccia di una legge che regolamenti la stessa a livello nazionale. E naturalmente, in questo vuoto legislativo, ogni Regione si sta organizzando autonomamente.

Secondo una ricerca recente del Censis, solo quattro persone sarebbero favorevoli all’eterologa e con una serie di precisi distinguo: di queste il 46% è d’accordo sulla possibilità di aprire ai single, il 29% aprirebbe anche alle coppie omosessuali.

Qualche anno fa, in una rivista femminile anch’io mi ero dichiarata favorevole all’eterologa. Come mamma, pensavo principalmente a quale dramma vivessero le coppie sterili, nell’impossibilità di realizzare il loro desiderio di genitorialità. Ingenuamente, non ero conscia delle conseguenze che sarebbero derivate da questo tipo di pratica. Oggi, dopo averne osservato le storture e le profonde ambiguità, sono dell’opinione assolutamente opposta.

Nel mondo, l’eterologa ha inaugurato un nuovo tipo di “mercato” – con il suo catalogo e il suo tariffario – e una nuova schiavitù, quella delle donne che “affittano” il loro utero per generare figli destinati ad altri. Un argomento che dovrebbe far balzare le femministe sulla sedia ma, evidentemente, non tutte le donne sono considerate uguali: calpestare i diritti di quelle più povere per sancire quelli delle occidentali non è considerato ingiusto e immorale.

Peccato che la maternità non appartenga alla categoria dei diritti. Piuttosto si può considerare un desiderio, assolutamente legittimo, per ogni coppia che decida di realizzare insieme un progetto di vita. Nella stessa Costituzione sono elencati i diritti fondamentali del cittadino: diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, all’uguaglianza davanti alla giustizia. Non c’è traccia di quello alla maternità. Mentre, ci sarebbero alcuni diritti inalienabili che sono quelli dei bambini. Che il più delle volte vengono disattesi. Tra questi, il diritto di conoscere i propri genitori e le proprie radici.

Quali e quante siano le domande che pongono i minori sulle loro origini ce lo possono confermare quotidianamente gli operatori che si occupano di adozioni. Io ho conosciuto questa realtà attraverso l’Ai.Bi., una delle più importanti associazioni italiane per l’adozione nazionale e internazionale. Qualche anno fa, in un’edizione di Trenta Ore per la Vita, ristrutturammo un ospedale pediatrico in Moldavia. Erano anni in cui nel nostro Paese ci fu il boom delle adozioni.

Adozioni che oggi sono invece calate vertiginosamente. Dal 2010, sono praticamente dimezzate. Uno dei motivi – e forse il più grave – è quello economico: il costo di un’adozione internazionale è altissimo e non tutti possono permetterselo. Per non parlare poi dell’arduo percorso che devono affrontare le coppie: una burocrazia lentissima, molteplici incontri che a volte hanno il sapore dell’interrogatorio, viaggi interminabili della speranza. Un “calvario” che richiede una pazienza infinita e anni di attesa.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Onu, nel mondo ogni anno vengono fatte circa 260mila adozioni, a fronte di un numero spaventoso di orfani: il presidente di Ai.Bi., Marco Griffini, dichiara che per dare una famiglia a tutti i bimbi africani orfani dell’AIDS servirebbero almeno quindici milioni di famiglie. Senza contare gli orfani di Ebola. Sono numeri che fanno rabbrividire.

Milioni di bambini che già esistono, che avrebbero il diritto di avere un padre e una madre, di crescere nell’amore di una famiglia. Che aspettano solo un cenno dei grandi. Che troppo spesso dimenticano di esserlo. A partire da chi dovrebbe decidere.

Nel nostro Paese urge una profonda riforma della legge che regola le adozioni: bisognerebbe velocizzarne l’iter, abbassare sensibilmente i costi da sostenere. Perché non mettere anche in questo caso un ticket unico per i genitori adottivi come è stato già deciso per l’eterologa? La Conferenza delle Regioni in questa materia ha redatto le Linee Guida in tempi brevissimi. Per quanto riguarda le adozioni, tutto è fermo ad una legge modificata nel 1998.

Due pesi, due misure. Sarebbe interessante capirne il motivo.