Maria, la ragazza che ha sconfitto due volte la morte

maria rimini«Sono molto meno della metà le coppie che portano avanti la gravidanza dopo aver saputo della malattia del figlio». Lo dice Elisa Facondini, psicologa all’ospedale «Infermi» di Rimini, su dati che derivano dalla sua esperienza.

Una diagnosi come quella della sindrome di Down spaventa non poco i futuri genitori. Molte sono le coppie che scelgono l’aborto.

Ma ci sono storie di rifiuto da cui è nata una storia di una doppia accoglienza. E’ il caso di Maria Casadei, studentessa 17enne, terza di cinque figli. Maria era stata abbandonata in ospedale subito dopo la nascita. La sindrome di Down era alquanto seria. La bambina presentava gravi problemi fisici, malformazioni e insufficienze.

La sua storia non lasciò indifferenti Luca e sua moglie, all’epoca genitori di due figli naturali, che vivevano già in una Casa Famiglia legata all’associazione Giovanni XXIII a Miramare. La bambina è stata affidata ai coniugi Casadei quando aveva appena 6 mesi. Poi l’adozione si è conclusa quando la piccola aveva tre anni. Ricorda il papà: «I medici ci dicevano che non ce l’avrebbe fatta. I primi anni della nostra vita insieme sono stati molto duri. Ha lottato tra la vita e la morte».

Il signor Casadei, riavvolgendo il nastro dei ricordi, racconta: «Non so se dipende dal fatto che abbiamo rischiato di perderla per i suoi problemi fisici, ma tra tutti i miei figli è quella che mi ha dato emozioni più forti e intime. Pur amando tutti i miei figli allo stesso modo, ricordo ancora con brivido i primi passi di Maria, a 4 anni. Eravamo in giardino, provo un’emozione fortissima ancora oggi nel rivivere quel momento».

E alla domanda del perché di una scelta così difficile, chiosa: «È una scelta che va ponderata bene. Non è una strada facile, però penso che nella vita ci voglia un minimo di incoscienza. Se si pensa tanto, su tutto, alla fine non si fa mai nulla».

In fondo basta avere un po’ di umiltà. Riconoscere di non essere in grado di prendersi cura di un bambino con handicap non è incompatibile con una scelta di vita. Serve solo da parte della mamma che rifiuta il proprio bambino un ultimo piccolo-grande gesto d’amore, ovvero la scelta di dare comunque una chance a quel feto. Maria, che ha lottato prima per nascere e poi per vivere, è la prova che c’è sempre da qualche parte un papà e una mamma pronti ad amare quel bambino abbandonato semplicemente per quello che è: un figlio.

 

Fonte: Newsrimini.it