San Marino 2022. Marzia Masiello: “Stare seduti sulle cose scomode del mondo”

L’intervento della responsabile sedi e rapporti con le istituzioni per il seminario estivo di Ai.Bi. è dedicato alle “periferie”. Uno sguardo a come l’essenza e i principi di un credo si declinino in azioni concrete sul territorio. Decidendo di far sedere anche Gesù al tavolo delle decisioni e assumendosi la responsabilità di mettere se stessi e i compagni di viaggio nelle condizioni di poter generare accoglienza

Da giovedì 25 a domenica 28 agosto è in corso, a San Marino, la 29^ edizione del tradizionale ritrovo di Ai.Bi., tornato dopo due anni di stop a causa della pandemia. Il titolo scelto è “Una comunità che accoglie: il paradigma di Ai.Bi. a sottolineare come l’evento si ponga come fondamentale per elaborare le strategie future dell’accoglienza. Il seminario estivo, infatti, è il momento più significativo della vita dell’Associazione, in cui condividere con tutti gli attori coinvolti a vario titolo in Amici dei Bambini, le modalità, pratiche e non solo, per affrontare sempre meglio i momenti difficili che stiamo vivendo e le sfide che il futuro ci pone davanti.
Qui riportiamo uno spunto di riflessione tratto dall’intervento preparato per l’incontro di San Marino da Marzia Masiello, Responsabile Sedi Italia e rapporti con le istituzioni di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, sul tema:

“L’altra faccia di Ai.Bi.: quella che appare in periferia”

La riflessione parte dalla constatazione di come negli ultimi sette anni l’Associazione e, in particolare, le sedi sparse sul tutto il territorio, siano state protagonisti “sofferenti, appassionati e vivi” di alcune guerre le cui sirene sono state la reputazione, la salute, la sicurezza. In tutte queste guerre ognuno ha potuto fare la sua parte. Abbiamo potuto scoprire un nuovo modo di guardare, essere abitare, andare verso, a partire dalle periferie.
Ma quali “periferie”? E, soprattutto, cosa è periferia rispetto a cosa?
La relazione parte da due fonti di ispirazione: il discorso del Santo Padre Francesco alla Curia romana per gli auguri di Natale del 2019 e la rilettura di alcune metafore care ad Ai.Bi. – la porta, la tenda, il fuoco, il messaggero, la squadra – che sono state fondamenta della operatività di questi anni.

Far sedere anche Gesù al tavolo delle decisioni

Partiamo da Papa Francesco e dal suo discorso: “Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata. (…) La tradizione è la garanzia del futuro e non la custodia delle ceneri.
La dottrina della fede, l’evangelizzazione, la comunicazione lo sviluppo umano integrale assumono un significato profondo nella Chiesa in Cammino Sinodale con spirito di Comunione, Partecipazione, Missione. In questa chiave di corresponsabilità ogni periferia si legge anche come centro da cui dipende il messaggio di accoglienza e del diritto del bambino di essere figlio.
Abbiamo esplorato in questi anni le periferie dell’anima, le periferie dei territori. Abbiamo scoperto nuove forme, matrici, che stanno segnando il passo del cambiamento d’epoca. In questi anni Ai.Bi., nelle più disparate forme, ha esercitato la pratica dell’ascolto. Ascolto di quelle periferie tematiche per cui, essendo il binomio abbandono/accoglienza il tema centrale, abbiamo sentito l’esigenza forte di collocare il diritto del bambino di essere figlio di una mamma e di un papà dentro la quotidianità.
Questo ha significato stare spesso seduti sulle cose scomode del mondo, confrontarsi in maniera dialettica, essere nel posto sbagliato al momento giusto, essere sui carboni ardenti e difendere con gentile fermezza non posizioni ideologiche ma scelte di campo per cui ne va della vita. Ascolto del Verbo che si fa carne ha significato ancorare a terra i pensieri con azioni concrete, a volte anche scomode.
Questo altresì ha significato impegnarsi costantemente per co-progettare e co-programmare, e per far sedere al tavolo delle decisioni anche Gesù, senza temere il confronto con le diversità, intercettando dentro il proprio mondo e dentro altri mondi, disagi, deserti, solitudini e tentazioni che non vanno considerati meno importanti ma certamente – nella maggior parte dei casi – rapportati a come ogni essere umano ha vissuto la propria infanzia, la propria adolescenza, la propria famiglia. Da qui il recupero del tema della prevenzione, della povertà formativa ed educativa.

I paradigmi dell’azione di Ai.Bi. sul territorio

Passando alle ispirazioni dettate dalle metafore care ad Ai.Bi., la riflessione si spinge a considerare come la missione dell’Associazione, domani, potrà cambiare il suo volto, ma non la sua essenza. Non dobbiamo avere paura delle trasformazioni in corso: i mezzi per raggiungere l’obiettivo possono essere tanti e variegati, dentro la cornice di una mission chiara, con regole di ingaggio e strumenti chiari.
Il pan di Zucchero è stato il luogo, diffuso, digitale, fisico, in cui tutti ci siamo cimentati in un anno di lavoro per disegnare, pensare, esprimere Ai.Bi. nelle varie regioni. In questo processo di trasformazione anche le regioni si sono trasformate e con esse noi attori del ragionamento. Dal concetto di nord e sud del mondo, dal noi versus voi, si passa al concetto di solidarietà e reciprocità di un organismo vivente, la famiglia Ai.Bi., in cui ogni azione di ognuno si ripercuote su tutto il resto. La libertà di essere e fare si interseca con la responsabilità del servizio, nel nome di Gesù Risorto, e nel nome della contemporaneità e delle sfide da saper accogliere, con mente nuova.
Le sedi, i GFL, i punti Ai.Bi. sono antenne di riferimento e luoghi di snodo e irradiazione del messaggio e delle opere. Intanto Ai.Bi. sta maturando negli anni, attraverso la pratica dell’ascolto, dando autorevole spazio anche alle sedi dislocate nelle regioni italiane. La “Voce delle sedi” è sempre più protagonista responsabile nella vita associativa.
Dalla pratica spontanea stiamo passando a un “apostolato dell’ascolto” che sta portando in sé i germi di una nuova comunicazione che cambierà l’essenza del paradigma dell’accoglienza. Una comunicazione interna che pur nelle sue imperfezioni punta al gioco e alla responsabilità di squadra: volontari, operatori, famiglie, ragazzi che incontriamo nei progetti. Si va superando sempre di più una comunicazione di tipo verticale dentro un concetto di comunicazione orizzontale e di comunità educante, non più per piramidi ma per nodi.
Ora le metafore scendono sul piano fisico e si tratta di rispondere con azioni fisiche ai messaggi celesti, che ci danno il senso di essere su questa terra, in questo cambiamento d’epoca in cui è terminata l’età cristiana.
Apriamo o non apriamo la porta a cui qualcuno bussa? Nella tenda, i nostri compagni di viaggio li invitiamo o no a bere il the? Tra i nostri compagni di viaggio dove collochiamo le famiglie del movimento e le famiglie dei professionisti?
La fiamma esterna, quella poco luminosa ma che scalda, ha la grande responsabilità di testimoniare e fare l’accoglienza e declinarla con pensieri parole e opere. La fiamma interna mantiene sempre viva la mission attraverso la governance che esprime strategie e azioni.
Ogni regione ha la sua tenda, le sue scolte, i suoi messaggeri, le sue porte, il suo pane e olio da condividere. Ognuno di noi, centrale o periferico rispetto a qualcos’altro, ha la responsabilità di lavorare e mettere se stesso e i compagni di viaggio nelle condizioni di poter generare accoglienza. Così che l’avverarsi del passaggio divenga un semplice atto di volontà.