Matteo. “Quando è arrivato Piero, pensavo che avrebbe preso il mio ‘posto’”

bambino lettera1Cosa provino gli adulti quando decidono di accogliere in affido un bambino piccolo in difficoltà è facile immaginarlo (e varie volte raccontato), iniziale paura seguita da una matura consapevolezza dell’alto gesto di umanità che si fa. Adulti che vengono preparati con appositi corsi ad hoc che li aiuta e supporta anche sul piano psicologico.

Ma cosa provano gli altri componenti della famiglia? Come reagiscono gli altri figli della coppia, gli altri “abitanti” della casa, nel vedere “invasi” i propri spazi, nel dovere condividere i propri giocattoli con chi, ai loro occhi, è a tutti gli effetti un estraneo che piomba dal nulla da un giorno all’altro.  Sono bambini loro stessi per primi e se provano sentimenti di gelosia nei confronti del fratello biologico, figurarsi per chi non lo è e che arriva all’improvviso.

Un punto di vista importante e delicato da tenere in considerazione, i cui risvolti però stupiscono. Perché i bambini sono sempre e comunque una straordinaria fonte di meraviglia e di inaspettata maturità. Grazie alla loro semplicità e genuinità.

Ecco quanto raccontano Matteo, figlio di Serena e Fabrizio giovane coppia affidataria, all’indomani dell’arrivo del piccolo Piero in casa. Matteo ha “già” altri tre fratelli biologici e “dall’alto” del suo essere fratello maggiore si pone degli interrogativi. Che mette per iscritto in una breve lettera, riportata integralmente e letta all’Open day affido, organizzato da Ai.Bi., che si è svolto il 21 marzo a Milano.

“Quando ci hanno proposto l’affido qualche anno fa provai una sensazione (l’ultima che si penserebbe) la paura.

La paura perché, dato che sono il primo tra i miei fratelli, pensai che il ragazzo/a potesse “usurparmi” il posto: pensavo a questo e non a tutte quelle cose come ‘Matteo è una bella cosa, un bel gesto, affidati…che per altro, in quel momento, mi sembrava una grande cavolata!

E’ proprio vero: il potere da’ alla testa. Fatto sta che riuscirono a convincermi però a patto che il bimbo/a fosse più piccolo di me. I giorni passavano e non arrivò nessun bimbo. Stavo per dimenticarmene quando all’improvviso, mentre mangiavamo una pizza, mamma e papà ci dissero che li avevano chiamati per un affido. Arrivò il grande giorno. Andammo in Ai.Bi. e finalmente ci presentarono il piccolo Piero (nome di fantasia).

Le emozioni mie erano indescrivibili (non solo le mie) ero rosso in faccia e non capivo neanche perché. Quando mi chiesero di prenderlo in braccio mi tremavano le mani ma poi quando era lì con me, mi dissi che non c’era il motivo di fare quelle scene. Quando eravamo di ritorno a casa mi chiesi perché al mondo c’erano persone che fossero disposte ad abbandonare il proprio bambino.

Il tempo trascorso con Piero volò. Quando alla fine arrivò il momento di lasciarlo andare ero un po’ triste ma almeno ero sicuro che sarebbe andato in un posto dove sarebbe stato felice davvero perché da noi era una felicità momentanea.

L’esperienza dell’affido può sembrare strana all’inizio ma poi diventa normale: tranquillizzarsi e accettarlo è l’unico modo per viverla bene e in modo bello. L’affido se visto in questo modo è fantastico”.

Emozioni condivise anche dalla più piccola di casa, Beatrice, che va dritta al sodo “avere Piero in casa è stato bellissimo”.