Occhiogrosso: “L’affido sine die crea confusione e precarietà. Meglio l’adozione mite”

adozione miteEccoli, i bambini “del limbo”, quelli che vivono in uno stato di semiabbandono permanente, minori dall’incerta prospettiva per il proprio futuro, dovuta alla parziale inidoneità della loro famiglia biologica e dal precario rapporto con gli affidatari, che possono, in ogni momento, rifiutarli.

Sono minori che vanno dagli 0 ai 18 anni e che non possono essere considerati adottabili, perché, anche le loro famiglie naturali non sono in grado di superare i loro limiti, riescono, però, a mantenere una relazione valida con i figli. Il numero di questi bambini non accenna a diminuire, anzi, continua a crescere, anche a causa della multi problematicità di molte situazioni familiari.

Proprio loro sono stati i protagonisti del convegno “Terra di confine tra affido e adozione: questioni aperte”, che si è tenuto il 15 Marzo 2013, presso L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Il seminario era rivolto specificamente agli operatori del settore, tra cui assistenti sociali e psicologhe. Durante il convegno sono state approfondite cinque diverse vie: affido (inteso come temporaneo), affido sine die, adozione mite, adozione aperta e infine adozione legittimante mettendone in luce aspetti positivi e criticità, aprendo così una riflessione sui nodi critici – sia dal punto di visto giuridico, che psicologico – per offrire alcune chiavi di lettura utili a quanti sono impegnati in situazioni così complesse.

Durante il convegno, sono stati presentati i risultati di una ricerca condotta dall’Università di Bari nel biennio 2009/11, sulla sperimentazione dell’adozione mite svolta presso il Tribunale per i Minorenni di Bari tra il 2003 e il 2008. L’adozione mite è quella forma di tutela intermedia tra l’affido e l’adozione vera e propria (è un’adozione non legittimante), che prevede il mantenimento da parte del minore del rapporto con la famiglia d’origine, pur stabilendo stabili e significativi legami con la famiglia affidataria.

I risultati della ricerca, effettuata su 70 minori, hanno mostrato che l’adozione mite risulta una risposta meno precaria dell’affido sine die, che non è riconosciuto come una delle forme di affido familiare. Franco Occhiogrosso, ex Presidente del Tribunale dei Minorenni di Bari (2003-08) e promotore della sperimentazione, si è espresso sull’affido sine die descrivendola come una modalità di accoglienza a sé stante, e sostenendo come si debba andare sempre più verso un’ottica di “giustizia mite” volta a tutelare, nel rispetto dei diritti dei minori, i vissuti dei bambini cercando di favorire una “continuità d’affetto” nel passaggio da un progetto d’affido a un’adozione. La mitezza della giustizia è stata individuata come modalità per risolvere processi legati a minori, che implica l’ascolto di tutti e, se necessario, soluzioni che non comportino tagli netti. Questo concetto è stato definito sostenuto dal Giudice del Tribunale per i Minori di Milano, Caroselli.

Altro aspetto significativo che è emerso dalla ricerca è che, nella maggior parte dei casi, i minori scelgono di non avere più rapporti con i genitori biologici, mantenendo invece quelli con i fratelli.

In conclusione Occhiogrosso ha affermato che: “I tempi dell’affido devono essere ridotti poiché l’affido sine die genera confusione e precarietà, in più il grado di benessere o di disagio dei minori, è correlato non tanto alla situazione con la famiglia d’origine, quanto invece ad una buona relazione con la famiglia adottiva”.