Occorre cambiare nome all’affido: va chiamato Accoglienza Familiare Temporanea

«Dobbiamo essere felici degli affidi che portiamo a termine, non di quelli che non finiscono mai».La dichiarazione di Cristina Riccardi, membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’affido familiare, descrive appieno il bisogno di cambiamento che emerge dalla situazione affido in Italia, con moltissimi casi di minori dati in affidamento sine die.

Occorre una riforma della legge 149, per rendere l’affido una misura di protezione che sia realmente temporanea. Meglio sarebbe chiamare l’affido con un nome completamente nuovo: Accoglienza Familiare Temporanea.

Seconda sfida, far entrare nella gestione dell’accoglienza familiare temporanea anche il privato sociale. È questo il vero problema del mancato sviluppo dell’affido: la gran parte della gestione è nelle mani del settore pubblico, con un intervento del privato sociale limitato alla sola responsabilità di sensibilizzazione e formazione.

Ecco un chiaro programma per l’intervento di legge:

a.      nessun bambino può stare, nemmeno un giorno né una notte, fuori da una famiglia, secondo lo slogan: “Le cose della famiglia alla famiglia”;

b.      l’affido può e deve essere fatto da tutti (il motto: “Da due ore a due anni”);

c.       l’affido non può né deve essere fatto da soli: creare e sostenere una rete familiare dell’accoglienza e una nuova figura professionale di supporto: l’operatore familiare.