Perché la Cai non effettua verifiche sugli enti che chiedono soldi in nero?

Buongiorno,

sono un papà adottivo che ha accolto la propria figlia diversi anni fa. Per fortuna, per me e mia moglie, l’iter adottivo non ha presentato troppi problemi in termini di tempi e di costi. Mi è però capitato di parlare con altre coppie adottive, a cui gli enti avrebbero chiesto di portare con sé soldi in contanti nei loro viaggi all’estero in modo da retribuire, in nero, i loro referenti. Alla luce di questi presunti casi, però, mi chiedo perché la Commissione per le Adozioni Internazionali non abbia mai avviato – almeno stando a quanto da voi dichiarato – delle severe verifiche su quegli enti che alimentano un tale giro di pagamenti in nero. Stando alla quantità delle segnalazioni che sarebbero pervenute, infatti, questa prassi illegale pare sia abbastanza diffusa.

Mi fate capire come funzionano le verifiche della Cai in questi casi?

Grazie,

Angelo

 

 

pagamenti in nero

Buongiorno Angelo,

le verifiche su ogni Ente autorizzato da parte della CAI dovrebbero innanzi tutto avvenire ogni due anni indipendentemente da eventuali segnalazioni di irregolarità. Ovvio che, se queste segnalazioni più o meno gravi arrivassero, dovrebbero essere avviate anche verifiche straordinarie.

Di norma, la CAI non ha mai dato comunicazione delle verifiche in corso, ma rende note le delibere di Commissione con cui vengono decise sanzioni nei confronti degli Enti per i quali la verifica abbia evidenziato mancanze, di qualsiasi tipo esse siano.

Non possiamo quindi sapere se nel passato la CAI abbia avviato verifiche in merito ai pagamenti in contanti richiesti alle coppie adottive in Italia o all’estero, ma, a giudicare da quanto pare diffusa questa prassi ancora oggi, senza dubbio questi accertamenti o effettivamente non sono stati avviati o non hanno dati risultati.

Come uscirne? Ci sono sempre solo due possibilità: più segnalazioni dalle coppie e verifiche più incisive da parte della CAI.

Per quanto riguarda il primo punto, il timore di ogni coppia adottiva è quello di subire ripercussioni sul proprio procedimento adottivo nel caso non si voglia sottostare a un andazzo di questo genere. Il timore è ben comprensibile. Tuttavia, una volta che la coppia rientra in Italia con il proprio figlio o figlia, nessuno potrà più portarlo via e una segnalazione circostanziata alla CAI o in procura potrebbe aiutare le coppie adottive che verranno dopo. Allo stesso modo, la coppia, che ha revocato il mandato a un eventuale Ente che fa richieste indecenti e lo ha affidato a un altro di cui si fida, non deve temere alcun tipo di ritorsione e quindi ancora una volta l’invito è quello di segnalare serenamente l’accaduto alla CAI o in procura.

Per quanto riguarda il secondo punto, molti accorgimenti potrebbero essere presi per migliorare in breve tempo la qualità delle verifiche. Un solo esempio: le aziende, che hanno una propria catena di negozi o concedono il proprio marchio in franchising, utilizzano abitualmente il cosiddetto mistery client, ovvero un loro inviato che in incognito visita i negozi che vendono loro prodotti e rileva il tipo di accoglienza ricevuto per poi riferirlo alle aziende stesse. Fare la stessa cosa per la CAI, ovvero inviare un proprio mistery client ai vari corsi informativi o presentazioni che gli Enti autorizzati realizzano a beneficio delle aspiranti coppie adottive, sarebbe semplice, ma, allo stesso tempo, potrebbe fornire prime informazioni utili per successive e più mirate verifiche

Prima si comincia e prima, anche in questo modo, aiuteremo le coppie a ritrovare fiducia nell’adozione internazionale.

Un caro saluto,

 

Antonio Crinò

Direttore generale di Ai.Bi.