Psicologia della Adozione. Genitori adottivi: “Come raccontare a nostro figlio la storia della sua adozione?”

La narrazione dell’adozione da parte dei genitori offre ai bambini conferma dei ricordi e la memoria della condivisione

Tutti i genitori adottivi, fin dai primi mesi dopo l’incontro tanto atteso con il figlio, si trovano di fronte alla delicata domanda: “Come raccontiamo la storia dell’adozione?“.

Non sempre, però, i genitori avvertono la necessità di costruire il dialogo con il figlio su questo tema fin da subito, a volte si ha l’impressione di potere o dovere aspettare, perché il bambino è troppo piccolo oppure, al contrario, perché è abbastanza grande da avere ricordi chiari delle sue origini e del primo incontro con i genitori adottivi e sembra che non siano necessarie altre narrazioni.

Per affrontare questi dubbi dobbiamo per prima cosa comprendere a cosa serva raccontare la storia dell’adozione.

Il racconto della storia adottiva ha una valenza ampia, non circoscritta all’obbligo sancito dall’art. 28 della legge 184/83, per i genitori adottivi, di informare il minore adottato di tale sua condizione.

Serve infatti a costruire nel figlio un senso di identità che comprenda e valorizzi la sua origine e la sua specificità di figlio adottivo. A creare una continuità tra il prima e il dopo nella sua esperienza di vita che è stata bruscamente attraversata dall’evento “adozione”: pur dando finalmente al bambino la famiglia di cui ha diritto e bisogno, l’adozione è un vero e proprio terremoto, che elimina dal presente del figlio tutto ciò che ha fatto parte del suo passato.

Il racconto dell’adozione: creare un legame tra il prima e il dopo

Solitamente con l’adozione tutte le relazioni precedenti, i luoghi frequentati, spesso anche gli odori e i sapori abituali, cessano di far parte dell’esperienza e vengono sostituiti rapidamente da relazioni nuove, luoghi nuovi, sapori e odori nuovi. La narrazione dell’adozione da parte dei genitori offre ai bambini conferma dei ricordi e la memoria della condivisione, anche se per un tempo limitato, di quei luoghi precedenti all’adozione e costruisce un senso di appartenenza reciproca che affonda le sue radici nel mondo in cui il bimbo è cresciuto prima di incontrare i genitori.

Una narrazione fondamentale anche per i genitori adottivi

Queste narrazioni hanno una valenza profonda anche per i genitori adottivi poiché rimandano a quel passato non condiviso, all’origine non comune, alla ferita dell’abbandono che vive il figlio ma anche alla ferita dei genitori che non lo hanno potuto tenere tra le braccia fin dal primo giorno. Tanto più il papà e la mamma sono sereni nell’accettazione di questa realtà tanto più potranno aiutare il loro bambino a ripercorrere e valorizzare la storia dell’adozione.

Come fare?

Ottimi strumenti sono tutti i ricordi della prima fase dell’adozione (fotografie, video, oggetti conservati) e tutto ciò che i genitori hanno potuto sapere dell’ambiente di vita del figlio prima dell’adozione: come si svolgeva la sua giornata, com’era l’ambiente in cui viveva, cosa amava fare, mangiare…

A volte le famiglie realizzano un diario dei primi mesi insieme, proprio per poterlo poi tenere in casa, a portata di mano. Per introdurre il tema può essere utile sfogliare insieme un album illustrato che parla di adozione oppure guardare insieme un film o un cartone animato.

Il racconto può anche, con delicatezza, ampliarsi per includere ricordi di prima dell’adozione sia della vita del bambino che della vita della coppia: narrare al figlio quanto i genitori lo hanno atteso gli restituisce valore perché lo rende un figlio profondamente desiderato. Ascoltare con disponibilità e discrezione gli eventuali racconti spontanei del bambino permette di costruire un clima affettivo favorevole alle confidenze del figlio, anche quando la sua ricostruzione è frammentaria e contraddittoria e non è facile distinguere tra i ricordi reali e le sue ricostruzioni.

Irene Castellina – psicologa Ai.Bi- Amici dei Bambini

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