Quali enti pubblicano i dati delle adozioni? Al via una campagna per la trasparenza

dati caiMartedì 29 aprile, uno dei nostri lettori, Ruggero, ha sollevato un’interessante questione. Al fine di favorire la trasparenza nel settore delle adozioni internazionali, si è chiesto, perché la Cai non obbliga tutti gli enti autorizzati a pubblicare mensilmente i loro dati su incarichi ottenuti, adozioni realizzate e Paesi di provenienza dei bambini? Amici dei Bambini lo fa già, con cadenza addirittura settimanale, ma ci è sembrato opportuno dare la parola anche ai nostri lettori su questo delicato tema. Abbiamo pertanto lanciato un sondaggio con questa domanda: “La Commissione per le adozioni internazionali deve obbligare gli enti autorizzati a pubblicare i dati ogni mese?”

L’insieme delle risposte pervenute si è tradotto, di fatto, in un vero e proprio plebiscito. Ben il 96% dei lettori si è dichiarato favorevole e solo il restante 4% ha espresso un parere negativo.

“Dovrebbe esserci richiesta agli enti di più trasparenza e meno reticenza” commenta una lettrice, Stefania. Sulla stessa scia si colloca il parere di un’altra partecipante al nostro sondaggio, Anna, che si chiede perché gli enti non pubblichino mai alcuni dati, come quelli relativi alle coppie che, una volta dato mandato a un ente, successivamente vi rinunciano a causa di abbinamenti difficili o altri motivi. “Eppure la serietà e la trasparenza del lavoro di un ente – scrive – passa anche attraverso questo tipo di informazione”.

Secondo Michele, gli enti tendono a non pubblicare i dati perché finirebbero per scoraggiare le coppie. E racconta la sua storia, simile a quella di molti altri aspiranti genitori: in 5 anni, il loro iter adottivo è stato bloccato più volte e i tempi di attesa si sono fatti “allucinanti”.

Emblematico e provocatorio è il parere di un altro nostro lettore, Corrado. Per lui, è addirittura inutile chiedere un parere sulla pubblicazione o meno da parte degli enti, “quando siamo alla frutta”. “La Cai è inutile – spiega –, gli enti sono una marea e fra loro non si parlano, le difficoltà economiche dell’Occidente, unite ai blocchi e ai nazionalismi sempre più esasperati nei Paesi dove fino a poco fa, bene o male, si adottava, stanno portando alla fine dell’adozione internazionale”. La sua proposta è quella di un cambiamento radicale del sistema, in modo che si possano individuare nuove forme per adottare e nel contempo aiutare i bambini laddove viene reso possibile. “Non so cosa – ammette –, ma ho la sensazione che bisogna inventarsi qualcosa di nuovo, cambiare totalmente le regole, azzardare di più”. Altrimenti, conclude, “per l’adozione internazionale sarebbe la fine.” Riscrivere le regole: un’idea cara ad Ai.Bi. che già da tempo ha formulato una proposta di riforma delle adozioni internazionali che ridisegni tutto il sistema.

Prossimamente Ai.Bi. lancerà una campagna per la trasparenza sulle informazioni relative alla realtà delle adozioni internazionali in Italia. Per avere un quadro chiaro della situazione, è necessario che tutti gli enti autorizzati rendano noti, almeno mensilmente, i dati relativi alle coppie che conferiscono mandato, in valutazione sui Paesi, in attesa, in carico, oltre agli iter adottivi che giungono a compimento.

Procederà quindi ad analizzare i siti di tutti gli enti autorizzati per verificare se tali dati vengano o meno regolarmente pubblicati, chiedendo in seguito alla CAI di emanare una direttiva cogente con l’obiettivo di arrivare alla  massima trasparenza.

Da tale obbligo non dovrebbe essere esentata la stessa CAI, che potrebbe mensilmente aggiornare l’opinione pubblica sull’effettivo andamento del sistema adozioni internazionali a livello nazionale: non si è mai capito, infatti, il motivo per cui tali dati vengano resi noti solo una volta all’anno e non tutti i mesi, essendo l’Istituto degli Innocenti appositamente incaricato – e retribuito – proprio per tale periodica incombenza statistica.