Quando le bombe colpiscono il cuore di chi è lontano da casa

siria fumo200“Le bombe che colpiscono Binnish, colpiscono anche il mio cuore”, mi dice Omar, un siriano trasferitosi con la famiglia a Reyhanli, piccola cittadina turca a pochi chilometri dal confine con la Siria.

Si è presentato in casa dei nostri amici con in braccio un fucile, facendomi trasalire, prima che scoprissi che si trattava di un arma ad aria compressa per sparare piombini alle rondini e intrattenere i suoi nipotini acquisiti. Si è presentato con qualche parola in inglese e l’aria da quarantenne sicuro di sé, un po’ scanzonato ma simpatico.

Poi da Binnish è giunta la notizia di un bombardamento: due ordigni esplosi a breve distanza l’uno dall’altro, che hanno sterminato un’intera famiglia, madre e quattro figli. La notizia ha gettato nello scompiglio la piccola comunità di siriani di cui sono ospite: per un’ora è stato un susseguirsi di telefonate e aggiornamenti in tempo reale sulla situazione, con tanto di foto e video pubblicati su Facebook dagli amici presenti sul luogo. Immagini che raccontano la distruzione, l’assurdità di una guerra che non risparmia nessuno, nemmeno i più deboli e innocenti.

E poi, sul far della sera, passata la concitazione del momento, quando i nervi si allentano e i pensieri riprendono il proprio spazio, ecco le parole che non ti aspetti, e che fanno emergere un cuore che è uguale a quello di tutti gli altri.

“Le bombe che colpiscono Binnish, colpiscono anche il mio cuore”, dice Omar. Bombardano la sua città, la sua gente, i suoi amici. E lui, che fino a qualche ora fa faceva lo spavaldo sparando agli uccellini insieme ai nipotini, quasi che non ci fosse altro di cui preoccuparsi, soffre nel profondo di questo. Appoggia il fucile alla colonna del balcone e si siede su una sedia di plastica, mentre gli altri, dopo essersi lavati il viso, si preparano alla preghiera serale: “Sono triste”, sospira, e glielo si legge negli occhi. Chissà cosa avrà visto, chissà cosa avrà vissuto, prima di trasferirsi qui – mi domando.

A Binnish, alcuni dei suoi amici che oggi sono con noi ci torneranno presto, perché lì hanno ancora la famiglia. Lì ci vivono, e per il momento non intendono lasciare la propria casa. Anche per oggi, a loro è andata bene: i loro cari sono sani e salvi, scampati al doppio bombardamento. Sarà così anche domani?

 

Le famiglie di Binnish e dei villaggi vicini hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile, in questo momento. Non restiamo a guardare.

 

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