Regione Lombardia, altro scivolone: Fondo Antiaborto solo per donne residenti da 5 anni.

mamma500 in meno: è questo il numero di bambini che non nasceranno mai se la Giunta Regionale della Lombardia  confermerà i cambiamenti  annunciati il 4 marzo in merito  al Fondo Antiaborto.  In pratica, il sostegno economico alle donne che decidono di rinunciare all’interruzione volontaria di gravidanza,  sarà erogato solo alle residenti in Lombardia da almeno 5 anni. Attualmente, il termine è di un anno.

La sconcertante proposta è arrivata direttamente dall’assessore al Welfare della Regione Maria Cristina Cantù (Lega Nord), rispondendo ad una interrogazione parlamentare  avanzata dagli alleati del Nuovo Centro Destra.  L’assessore ha così  parlato della necessità di “criteri più selettivi per l’accesso”  visto che “dei 18 milioni spesi  in 3 anni di sperimentazione il 75% dei soldi è finito a extracomunitari”.  Quindi – se non abbiamo capito male – la nascita di nuovi bambini non sarebbe un diritto universale, bensì una questione legata alla residenza e/o all’origine etnica? E ancora: non è sacrosanto mantenere uno strumento utile ad una scelta in favore della vita anche per quelle famiglie in difficoltà economica?

Ma entriamo nei dettagli. Sono due i fondi alla maternità previsti dalla Regione Lombardia: attualmente il Nasko prevede 4.400 euro per i primi 18 mesi del nascituro, mentre il Cresco eroga un contributo mensile di 75 euro per 12 mesi al massimo (900 euro in tutto) per l’acquisto di beni alimentari. Già la spending review aveva abbassato i fondi da 7 a 5 milioni di euro. Ora, se il famigerato “criterio di residenza” diverrà operativo, una donna su cinque verrà esclusa dal Nasko, mentre le beneficiarie del Cresco si ridurranno addirittura della metà.

L’annuncio dell’assessore ha creato un vero e proprio vespaio di polemiche. Gli stessi alleati politici hanno puntato il dito sulla decisione: “Il diritto alla vita non può e non deve dipendere dal colore della pelle” ha sostenuto l’esponente del Nuovo Centro Destra Stefano Caruso.  Gli fanno eco da sinistra Sara Valmaggi e Carlo Borghetti del Partito Democratico: “Bisogna rivedere tutte le misure di sostegno alla maternità che in ogni caso devono essere attivate senza distinzioni di colore della pelle”. Da Palazzo Marino, invece, arriva la puntuale domanda dell’assessore alle Politiche Sociali Pierfrancesco Majorino:Come mai la Regione mette a disposizione risorse tanto esigue da apparire come inesistenti per le famiglie lombarde di ogni possibile colore?”.  Invece di fare marcia indietro, il segretario della Lega Matteo Salvini, intercettato fuori dal Pirellone, ha rincarato la dose: “Fosse per noi avremmo elevato il requisito a 15 anni di permanenza in Lombardia”. Speriamo sia solo un commento “a caldo”.

In sintesi, dopo il recente scivolone sulla procreazione assistita, la Regione Lombardia ci ricasca: la proposta in questione, in pieno contrasto con la legge 194, discrimina la famiglia  – vero nucleo che sorregge l’intera società civile – e nega la vita a 500 bambini. In questo caso, cambiare idea, farebbe rima con intelligenza.