Se il Pd sulle adozioni cerca solo una rivincita

renzi alfanoLa legge sulle unioni civili non è andata in porto come il premier Renzi avrebbe voluto. All’indomani del sì del Senato alla versione del disegno di legge Cirinnà senza la stepchild adoption, il Partito Democratico ha iniziato a progettare una riforma della legge sulle adozioni, prevedendo l’apertura anche ai single e alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali. “Il punto è che, a sentire gli operatori del settore, la riforma non serve. Soprattutto non serve intervenire sui requisiti per chi vuole adottare, allentando le maglie, e togliendo, per esempio, il requisito del matrimonio”, scrive la giornalista Eugenia Roccella su “L’Occidentale”, il 15 marzo, chiedendosi quali siano le reali ragioni dell’attuale impegno del Pd sul fronte delle adozioni. Di seguito riportiamo integralmente il testo dell’articolo. 

 

Ma serve davvero una nuova legge sulle adozioni, o è solo l’ultimo atto (“Renzi-Boschi 2, la vendetta”) della saga parlamentare sulle unioni civili, che ancora non è conclusa? Il presidente del consiglio è stato obbligato a uscire allo scoperto e a mettere la fiducia sul ddl Cirinnà, assumendo così la piena paternità della legge insieme ad Alfano. Ma, per evitare che Ncd perdesse del tutto la faccia, ha dovuto rinunciare alla stepchild adoption, anche se solo formalmente, visto che la formulazione del maxiemendamento permetterà che l’adozione gay in realtà rientri alla grande attraverso i tribunali.

E’ noto però che Renzi non ama trattare e contrattare, ed essere costretto a stralciare un punto su cui si era pubblicamente impegnato alla Leopolda, non gli è piaciuto. E non è affatto piaciuto alla Boschi, che ha cercato la rivincita rilanciando sulle adozioni, e lasciando capire che riprenderle in mano voleva dire aprire un varco per i single e le coppie gay.

I toni, poi, si sono moderati, e i tempi, anche. Renzi è arrogante e spesso sprezzante con i suoi stessi alleati, ma il suo attaccamento al potere gli suggerisce di non forzare le situazioni quando il rischio è alto, e finché le unioni civili non saranno messe in sicurezza, la riforma delle adozioni andrà avanti con cautela.

Il punto è che, a sentire gli operatori del settore, la riforma non serve. Soprattutto non serve intervenire sui requisiti per chi vuole adottare, allentando le maglie, e togliendo, per esempio, il requisito del matrimonio. Oggi per adottare bisogna essere sposati, perché, dati alla mano, questo assicura una maggiore stabilità alla coppia, e i bambini – tutti, ma a maggior ragione quelli abbandonati – hanno estremo bisogno di garanzie di stabilità. Ma, si dice, ci sono ancora troppi bambini che aspettano di avere una famiglia, e allargare la platea degli aspiranti genitori permetterebbe di soddisfare le richieste di chi desidera un figlio e insieme di dare a tutti i bimbi il calore di una casa, e qualcuno che li ami e si prenda cura di loro.

In una recente intervista, però, Frida Tonizzo di Anfaa (l’associazione delle famiglie adottive e affidatarie) ha ricordato che “ci sono molte più domande di adozione che bambini dichiarati adottabili e un’ulteriore estensione della possibilità di adottare non farebbe che aumentare il numero di domande a fronte di un numero di minori sostanzialmente stabile”. Estendere i requisiti per adottare significa dunque soltanto creare frustrazione, perché ci saranno più coppie che non raggiungeranno l’obiettivo.

Sul piano nazionale il numero di minori adottabile è basso: nel 2014 erano 1397 a fronte di 9657 coppie richiedenti. Eppure ogni anno ci sono bambini che restano negli istituti, e che non vengono adottati. Si tratta di ragazzi troppo grandi (gli aspiranti genitori cercano di preferenza bambini in tenera età) oppure di bambini con problemi fisici o psichici, “difficili”, magari con un passato alle spalle, con cicatrici dolorose. Bambini che richiedono preparazione e disponibilità di tempo e magari di soldi, e non solo capacità di amore.

Per favorire queste adozioni ci vorrebbero interventi di altro tipo, per esempio un maggiore sostegno alle famiglie, anche di tipo economico. Il capitolo delle adozioni internazionali presenta problemi ancora diversi. In molti casi allargare ai single o ai gay avrebbe come risultato solo quello di interrompere le relazioni con alcuni paesi, come la Russia, o come alcuni paesi africani, che non accettano queste forme di adozione.

Insomma, se rivedere la legge vuol dire partire dai bisogni dei bambini, le correzioni da fare sono poche, e forse basterebbe applicare meglio la legge che già c’è, senza modificarla, solo semplificando alcune procedure. Se invece si tratta di integrare l’operazione di smantellamento della genitorialità e della famiglia iniziata con la legge sulle unioni civili, se l’obiettivo è che Vendola possa riconoscere come proprio il figlio del compagno, escludendo dalla sua vita la madre che lo ha tenuto in grembo, allora avanti con la riforma.