“Se la fecondità vince la sterilità: come avere 6 figli senza ricorrere alla PMA”

maniAlle volte ci viene chiesto di parlare della nostra famiglia, che desta anche un po’ di curiosità, non solo perché numerosa ma anche perché colorata dei vivaci colori della multiculturalità e anche della disabilità. Volentieri mi presto a raccontare perché spero, in cuor mio, di poter essere una piccola testimonianza di ciò che, senza paura né pregiudizi, si può avere il coraggio di fare, e spero di poter dare io stessa coraggio a chi, nel suo cuore, desidererebbe avventurarsi nel mondo dell’adozione o dell’accoglienza più in generale, ma ne è frenato, per le motivazioni più svariate o forse solo per paura di fare scelte controcorrente rispetto alla società di oggi.

Per prima cosa siamo sposi e genitori di 6 bambini.

Quando ci siamo sposati abbiamo subito desiderato allargare la nostra famiglia, ma i nostri tempi non erano quelli della natura che ci ha fatto aspettare. Non ci siamo persi d’animo e, avendo già parlato da ragazzi e fidanzati di adozione abbiamo deciso dopo pochi anni di matrimonio di provare a diventare mamma e papà attraverso l’adozione, strada per noi già conosciuta attraverso esperienze di figli adottivi nostri coetanei.

Non nascondo che ancora oggi noi sentiamo l’adozione, che consideravamo come scelta forte fin da fidanzati, come un imperativo morale che ogni coppia dovrebbe sentire come suo: accogliere un figlio significa amare e non importa da che parte o in che modo arriva, anzi, essere madre e padre attraverso l’adozione è rispondere ad un grido silenzioso di un bambino/a che aspetta, in un istituto lontano o vicino, una casa. Ringraziando il Signore, alla fine del 2006 siamo andati a conoscere il nostro primo figlio nella lontana Bolivia. Siamo diventati mamma e papà al primo sguardo e il nostro piccolo ci ha accompagnati orgoglioso per mano in tutto l’hogar presentandoci a tutti, grandi e piccoli dicendo “mi mamà e mi papà” e forse pensando tra sé “visto che sono venuti a prendermi!”

L’attesa nostra e sua era colmata, eravamo già una famiglia di tre persone. Dopo la prima adozione io e mio marito abbiamo riflettuto molto su ciò che avevamo visto nell’istituto di nostro figlio: vi sono attese di bambini molto speciali perché considerati grandi o perché affetti da alcune patologie, queste attese sono più difficili da colmare, perchè meno coppie si rendono disponibili ad accogliere bambini considerati “più difficili”. Io e mio marito abbiamo pensato che le nostre paure o i nostri dubbi non avrebbero privato questi bambini del loro diritto di diventare figli, e le loro patologie non li avrebbero resi ancora più deboli negando loro la possibilità di avere una famiglia e di chiamarci mamma e papà. Per la nostra seconda adozione abbiamo quindi dato disponibilità ad accogliere un bambino/a con problematiche di salute e abbiamo espresso questo nostro desiderio ad AIBI.

La Provvidenza ha davvero abbondato e ha fatto bussare alla nostra porta per ben due volte e così sono arrivati quasi insieme due angioletti molto speciali: un bambino affetto da sindrome di Down, che abbiamo accolto prima con l’affido e poi adottato con adozione nazionale, e una bambina che siamo andati a conoscere in Kosovo, affetta da displasia alle anche, labbro leporino e un ritardo abbastanza importante dovuto alla forte istituzionalizzazione. Mentirei se dicessi che è stato tutto semplice. Aprire la nostra porta è stato un gesto del cuore, ma l’amore richiede anche sacrifici e alle volte sofferenza, e di certo accogliere bambini che hanno bisogno di molte cure mediche significa sacrificarsi e dedicarsi con ancor maggior dedizione, presenza e disponibilità a passare molto tempo nelle cure e anche in ospedale.

Però posso dire che oggi i nostri figli rigenerati nell’amore e dal calore di una famiglia hanno fatto molti progressi e il loro sorriso e soprattutto essere per loro mamma e papà riempie la nostra vita come se loro fossero stati da sempre con noi. Nel 2009 eravamo una famiglia di 5 persone, e con nostra grande sorpresa alla fine dell’anno eravamo una famiglia di 6, perché inaspettata è arrivata dalla pancia la nostra quarta figlia. In pochi anni siamo diventati “in tanti”, e oggi siamo aumentati ancora con l’arrivo dei gemellini che sono nati a dicembre dello scorso anno. Avere una grande famiglia è una gioia, un divertimento che ti priva del sonno, degli svaghi da adulti, alle volte anche degli amici che non riescono più a “contenerti” nelle loro case, richiede una dedizione totale di tempo e attenzioni ma se ci chiedessero di ripartire, domani, perché un altro figlio/a ci aspetta dall’altra parte del mondo, il nostro sì sarebbe immediato e le nostre molte valigie già pronte per andare a conoscerlo.

Tanti ci guardano incuriositi, alcuni sono ammirati dalle nostre scelte, altri le giudicano una pazzia, soprattutto l’accoglienza di bambini disabili, perché la disabilità fa paura, e oggi è allontanata dalla nostra società che cerca di eliminarla ancor prima della nascita. A quanti ci chiedono ragione della nostra scelta non sappiamo dare una spiegazione razionale: scegliere la Vita, lasciare spalancata la porta del Cuore e della Casa, e non aver paura di Amare questo è l’eccesso d’Amore che speriamo di poter testimoniare.

Chiara e Igor