Sentenza della Cassazione conferma la non accessibilità alle informazioni relative all’identità del genitore biologico. Ammesso solo in casi estremi: se la madre biologica è deceduta

giudiceSi può conoscere il nome della propria madre biologica solo se quest’ultima è deceduta. A metterlo nero su bianco è la Corte di Cassazione, con la sentenza 15024/2016 (LINK IN PDF), espressa il 3 maggio scorso, che ha accolto il ricorso di una ragazza adottata che si era rivolta al Tribunale dei minori per chiedere di conoscere il nome della mamma biologica, la quale però aveva mantenuto segreta la sua identità dopo averla partorita e lasciata in ospedale.

In prima battuta il Tribunale ha chiesto all’ospedale di fornire i dati della donna e della cartella clinica del parto, scoprendo così che in realtà la madre biologica era morta. Quindi il Tribunale dei minori respinse l’istanza della ragazza basandosi sul presupposto dell’impossibilità di interpellare la madre sulla sua persistente volontà di mantenere l’anonimato. La richiesta della ragazza venne respinta anche dalla Corte d’appello, quindi si rivolse alla Corte di Cassazione che invece ha ritenuto legittima la sua istanza precisando l’eccezionalità della situazione.

I giudici spiegano che, in caso di morte della madre biologica, l’interesse alla segretezza diventa recessivo di fronte al diritto della figlia di conoscere le proprie origini. “A seguito della morte della madre che ha partorito mantenendo segreta la propria identità – si legge nella sentenza –, l’interesse alla segretezza diventa recessivo di fronte al diritto della figlia adottiva di conoscere le proprie origini biologiche e va, pertanto, accolta l’istanza di accesso alle informazioni relative all’identità del genitore biologico”.

In conclusione la sentenza dichiara che con il decesso della madre viene meno l’esigenza di protezione della madre stessa dalle conseguenze personali e sociali (cui era andata incontro con la scelta di partorire in anonimato) decidendo così per la “reversibilità del segreto”.