Siria o Iraq? Il drammatico dilemma della comunità umanitaria internazionale

iraqDal nostro inviato  (Luigi Mariani) – Ci si poteva certamente aspettare che i mondiali di calcio capitalizzassero l’attenzione dei media; quello che nessuno si aspettava era che a distogliere ulteriormente l’interesse dalla Siria fosse lo scoppio di un’altra guerra, appena al di là del confine, in Iraq.

Così sabato notte, mentre sugli schermi di milioni di persone sfilavano le divise della nazionale italiana, su Twitter scorrevano le immagini di centinaia di soldati iracheni catturati dal gruppo jihadista dell’ISIS (Stato islamico dell’Iraq e del Levante), molti dei quali – in drammatico contrasto con la partita in Brasile – indossavano le magliette delle loro squadre di calcio preferite, una sorta di “travestimento” civile adottato nel tentativo di sfuggire alla cattura. Successivamente, si è appreso che circa 1.700 militari sciiti sono stati brutalmente giustiziati e seppelliti in fosse comuni; la conferma è arrivata dalla pubblicazione di foto molto crude, che hanno fatto presto il giro dei social network.

Ma a pagare il prezzo di questa rapida e inattesa destabilizzazione dell’area, sono anche le migliaia di donne e bambini iracheni che sono stati costretti a lasciare le proprie case, nel timore di un inasprimento degli scontri: sarebbero già un milione gli sfollati interni, secondo l’UNICEF. Solo dalla città di Mosul, in seguito alla presa da parte dell’ISIS, lo scorso 5 giugno, sarebbero fuggiti 250.000 bambini.

Le organizzazioni umanitarie internazionali parlano di “emergenza nell’emergenza”: i fondi a disposizione per la Siria sono già talmente pochi, che si teme di non poter rispondere adeguatamente alla crisi irachena. Basti considerare che, a oggi, le Nazioni Unite hanno ricevuto solamente il 28% dei 6,5 miliardi di dollari richiesti a inizio anno per assistere la popolazione siriana; le stesse agenzie dell’ONU, tuttavia, fanno sapere che la crisi siriana rimane una priorità, e che i fondi stanziati sino a oggi non saranno deviati sull’Iraq. In Siria, infatti, ci sono oggi circa 9.3 milioni di persone bisognose di assistenza; il numero di sfollati interni ha raggiunto i 6.5 milioni, quasi la metà dei quali sono bambini.

“La crisi irachena contribuirà ad assottigliare le risorse a disposizione per gli aiuti umanitari, che sono già molto limitate – ha dichiarato Juliette Touma, portavoce dell’UNICEF in Siria – I grandi donatori internazionali dovranno cercare più a fondo nelle proprie tasche per provvedere quei soldi che servono a noi e alle organizzazioni umanitarie per rispondere a questi crescenti bisogni”. Di fronte a una situazione del genere, dove le emergenze umanitarie sembrano moltiplicarsi e fagocitarsi fra loro, viene da chiedersi: che mondo è, quello in cui si è costretti a scegliere se sfamare i bambini siriani o quelli iracheni?

 

In questo momento, le famiglie siriane hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

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