Trovare un senso, per Laura 

22 anni fa -12 novembre 1999- un areo della PAM diretto a Pristina in Kosovo, si schiantava contro le montagne prima dell’atterraggio. A bordo, insieme a Laura Scotti di Ai.Bi., c’erano molti cooperanti e dipendenti di agenzie internazionali, impegnati nella ricostruzione di quel piccolo Paese

Ha senso, dopo 22 anni, riaprire ferite ancora dolorose su una giornata che per molti, non solo in Ai.Bi., ha segnato un solco profondo, che ha fatto sorgere perfino dubbi sull’opportunità di essere presente in contesti difficili, di rispondere sempre a una chiamata  nel senso più ampio del termine?
Ha senso, per chi non ha vissuto o conosciuto la storia di Laura Scotti o altre storie di coraggio e ideali, ascoltare quello che spesso accade ovvero un ricordo dovuto ma al confine con la beatificazione?
Me lo domando ogni mese di novembre da quando ho conosciuto, lavorando per Ai.Bi., la vicenda della ragazza dai capelli rossi, una professionista della comunicazione alla cui scrivania ho cominciato a lavorare nel 2002, e soprattutto da quando, nel 2008, sono andata in Kosovo a ripercorrere le sue orme, per vedere e raccontare a distanza di anni cosa è cambiato, quale segno di Laura è ancora riconoscibile. Chi vuole può leggere la storia nel libro che poi ho pubblicato per Ancora nella collana ‘amici dei bambini’ “I 189 giorni di Laura. Da Milano al Kosovo, una storia esemplare di volontariato internazionale”.
Quella domanda, quindi, torna ogni volta anche se, assieme, arriva anche la risposta.

La storia di Laura Scotti

Venerdì 12 novembre 1999 – Per chi non c’era, per chi è troppo giovane per ricordarlo, per chi è arrivato in Ai.Bi. da poco, quel venerdì negli uffici di Melegnano era tutto un rincorrersi di conferme e smentite, si cercava solo di avere una risposta, la telefonata rassicurante di Laura. E invece non arrivò: quel volo del Programma Alimentare Mondiale (PAM) diretto a Pristina in Kosovo, si era schiantato contro le montagne prima dell’atterraggio. A bordo, insieme a Laura, c’erano molti cooperanti e dipendenti di agenzie internazionali, impegnati nella ricostruzione di quel piccolo paese nello scenario frammentato dei Balcani. Persero la vita in totale 24 persone, di cui 11 nostri connazionali tutti impegnati in missione umanitaria.

Chi era Laura Scotti – Laura era stata assegnata alla comunicazione del progetto di Ai.Bi. “Emergenza bambini in Kosovo” così come Paola Biocca era l’addetta stampa del PAM: colleghe che facevano della loro capacità di informare e comunicare la risorsa di supporto a tutte le azioni di cooperazione sul campo. Persone che erano in grado di porsi in ascolto delle vittime dei conflitti e di farsi loro tramite. Oggi il mondo è cambiato mille volte: la comunicazione è istantanea, anche dal campo, dai paesi in emergenza umanitaria – pensiamo solo a quello che è accaduto questa estate in Afghanistan durante l’evacuazione delle truppe occidentali dal Paese – ; ma il tempo di un tweet o di una foto su Instagram, magari potente in quel secondo di visualizzazione, non basta per raccontare e comunicare davvero.
Si sente molto la mancanza di professionisti come Laura, che si poneva allo stesso livello degli interlocutori – i bambini, i ragazzi, le persone con cui ha fatto amicizia in Kosovo – e soprattutto in ascolto: i suoi report, che molti di noi hanno letto, dimostravano proprio questo; i kossovari che ho incontrato mi hanno sempre detto “era una di noi”, a dimostrazione di questa capacità personale che arricchiva e esaltava quelle professionali.
Di Laura ricordiamo la gioia di raccontare di quelle persone e di quei luoghi circondati dal fango, isolati nelle campagne dove si viveva ancora a ritmi lenti e dove i bambini imparavano di nuovo a giocare in prati recintati dal nastro arancione dell’associazione presente ovunque con i suoi Punti Ai.Bi.: erano isole di serenità dopo mesi di bombardamenti, luoghi in cui re-imparare a giocare e stare insieme.

Quello che rimane


La memoria di Laura
 – Ogni 12 novembre può riportarci il senso di aver scelto di lavorare non soltanto per organizzazioni del terzo settore ma per una causa così forte, precisa – quella di Ai.Bi. –  che non lascia sfumatura di dubbio: bambini abbandonati, privati di una mamma o un papà che attendono una famiglia.
Laura non avrebbe amato, senza dubbio, commemorazioni sterili o targhe in suo nome – per quanto in Kosovo il suo nome si possa leggere sulle pareti di una scuola e in una casa famiglia – ma, da milanese pragmatica quale era, avrebbe voluto vedere quello che AiBi ha di fatto realizzato nei 22 anni dopo e che realizzerà: tanti progetti, tanti bambini usciti dagli istituti e accolti in famiglia (incluso mio figlio), tanti professionisti e colleghi che lavorano ogni giorni nella sede di Melegnano, in Italia e all’estero per le adozioni, l’affido, il sostegno a distanza.

Laura si era affezionata in Kosovo a una ragazzina, Dafina, che qui vedete in foto (con la felpa nera n.d.r.) mentre la intervistavo a casa con la sorella e che la famiglia Scotti ha sostenuto a distanza fino alla maggiore età. Mentre Laura si sentiva molto mamma di Dafina e molto sorella della popolazione kosovara, al tempo stesso ideava, realizzava campagne di comunicazione e raccolta fondi coinvolgenti, che hanno permesso ad Ai.Bi. di ricostruire e ripartire dai bambini. In un mondo in cui tutto è managerializzato, anche nel mondo della cooperazione internazionale, la professionalità unita alla vicinanza e all’empatia di Laura non solo restituiscono valore e senso al nostro lavoro ma offrono ogni anno la risposta giusta ai nostri dubbi e alle nostre domande.

Francesca Mineo

Foto in apertura di Livio Senigalliesi