37mila neo-mamme costrette alle dimissioni. Part time accolti solo nel 21% dei casi

La fotografia di un Paese ancora insensibile all’equilibrio tra famiglia e lavoro. Un problema destinato ad aggravare la crisi demografica

Ben 37mila neo-mamme sono state costrette alle dimissioni e hanno quindi dovuto lasciare il lavoro nel 2019. Un numero pari al 73% del totale. Il dato, che non lascia ben sperare in vista di un 2020 che, con il Covid e la chisura delle scuole, rischia di essere ancora peggiore, fa riflettere sull’incapacità del Paese di assicurare un equilibrio famiglia-lavoro alle donne lavoratrici. Mancanza di equilibrio che non può che incidere negativamente sulla già drammatica crisi demografica in atto in Italia. Le cifre sono state rilasciate dall’Ispettorato del lavoro e a preoccupare è adesso proprio lo “scenario ‘post Covid’, le cui incertezze e difficoltà potranno produrre anche l’effetto di amplificare ulteriormente le aree ‘oscure’ di elusione e di irregolarità in danno dei lavoratori, ed in particolare delle categorie più fragili e vulnerabili”. A far riflettere, tra i dati rilasciati dall’Ispettorato, è anche quello sulle richieste di un passaggio a impiego part time accettate dai datori di lavoro: solo il 21% ha riscontrato esito positivo.

Dimissioni delle neo-mamme: il commento della CGIL

Letti complessivamente questi numeri rappresentano, secondo la segretaria confederale CGIL Tania Scacchetti e la responsabile nazionale per le Politiche di genere Susanna Camusso, “l’’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro. Chiediamo un incontro al governo perché l’occupazione femminile deve essere al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese”.

“Oltre alla difficoltà di bilanciare occupazione e maternità– aggiungono Scacchetti e Camusso – non solo in termini di giornate di congedo, emerge poi in modo evidente il cronico disinvestimento nella scuola per l’infanzia. Un servizio non sufficiente, con costi spesso troppo alti, e addirittura assente in alcune parti del Paese. La politica dei bonus non riduce questo divario: occorrono forti investimenti strutturali”.

Dimissioni delle neo-mamme: il commento della CISL

Anche la CISL ha lanciato una nota critica: “I dati resi noti oggi dall’Ispettorato del lavoro sulle dimissioni volontarie delle donne madri del 2019 sono inaccettabili: è assurdo, nel 2020, constatare come la maternità, pur essendo tutelata dalla legge, rimanga una delle cause principali di allontanamento delle donne dal mondo del lavoro”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto il Segretario confederale della CISL, Giorgio Graziani, e Liliana Ocmin, responsabile del Coordinamento Donne.Come CISL – hanno proseguito – richiamiamo ancora una volta il Governo ad avere più coraggio nell’approntare strategie di rilancio del lavoro femminile, della maternità e soprattutto della condivisione della cura familiare ancora troppo sbilanciata sulle donne. Il Family Act della Ministra Bonetti, approvato di recente dal Consiglio dei Ministri rappresenta un buon punto di partenza ma va necessariamente migliorato ed attuato in tempi più rapidi, altrimenti si rischia di comprometterne l’efficacia. Se vogliamo tutelare e proteggere il lavoro delle mamme lavoratrici e sostenere il desiderio di maternità delle coppie, occorre investire in servizi più adeguati alle esigenze delle famiglie e promuovere forme di organizzazione del lavoro più flessibili, soprattutto attraverso incentivi alla contrattazione”.