La madre biologica accetta l’esame del sangue per aiutare la figlia. Ma chiede l’anonimato

Sembra avviarsi alla conclusione la vicenda di Daniela Molinari, la donna che chiedeva alla madre biologica di sottoporsi a un esame per cercare una cura per la sua malattia, mettendo in gioco, però, il difficile equilibrio tra diritto all’anonimato e accesso alle informazioni sulle origini dei figli adottati

La vicenda è ormai nota: Daniela Molinari, donna di 47 anni malata di cancro, da qualche tempo ha rivolto appelli, scritto lettere, partecipato a trasmissioni, prima tra tutte “Chi l’ha visto?”, per trovare la madre biologica che la abbandonò alla nascita, in ospedale, e chiederle di sottoporsi a un esame del sangue che potrebbe permetterle di trovare una nuova cura per la sua malattia grazie alla mappatura del Dna.

Un caso mediatico che solleva questioni di ordine generale

Il caso aveva suscitato grande risonanza nel momento in cui la madre biologica si era inizialmente opposta all’esame, sollevando, oltre alle facili strumentalizzazioni, anche problemi di carattere più generale sul necessario bilanciamento tra diritto dell’adottato ad accedere alle informazioni sulle proprie origini e funzione sociale del parto in anonimato.

Se la questione di diritto rimane aperta, quella legata alla cronaca ha subìto una svolta nel momento in cui la madre biologica pare aver acconsentito a sottoporsi all’esame. A convincerla sono stati i colloqui con gli psicologi del Tribunale che hanno garantito alla donna il mantenimento dell’assoluto anonimato. Secondo quanto riportato dal Quotidiano Nazionale, l’iniziale rifiuto era dettato più che altro dal dolore di richiamare alla memoria una gravidanza dovuta a un atto di violenza sessuale.

“Capisco il suo dolore: da figlia, le sono grata”

“Capisco il dolore – ha dichiarato Daniela Molinari sempre a QN – capisco che questa storia le abbia riportato alla mente eventi del passato che ha cercato di dimenticare. Capisco che abbia avuto bisogno dei suoi tempi. Se ce l’avessi davanti, oggi, non potrei che dirle grazie».
Anche perché, prosegue Daniela nel suo ragionamento, rifiutare l’esame del sangue, in fondo, sarebbe stato come toglierle quella vita che “aveva deciso di donarmi… Da donna a donna, di fronte a un trauma per lei così doloroso, ora la comprendo. Da figlia le sono grata. Sto aspettando la telefonata del Tribunale per l’ufficialità ma ormai la notizia è di dominio pubblico”.

Quello che succederà, ora, è invece giusto che rimanga nella sfera privata e personale degli interessati, con la speranza che Daniela possa trovare grazie all’esame del sangue della madre biologica una cura più efficace per la sua malattia oncologica, senza dimenticare la delicatezza di un dibattito che deve essere portato avanti nelle sedi competenti, tenendo ben presenti tutte le questioni che sono chiamate in gioco.