Adozione. Come sostenere una coppia dopo un abbinamento “andato male”?

Quando un abbinamento viene interrotto per ragioni esterne alla coppia, ci si trova ad affrontare un vero e proprio lutto: incredulità vuoto, impotenza e rabbia

Quando per una coppia arriva il tanto atteso momento dell’abbinamento con uno o più bambini, viene sancita una vera e propria nascita.

Si avvia un vero e proprio travaglio psicologico, per entrambi i genitori, fino al momento dell’incontro con il proprio figlio.

Quando un abbinamento viene poi interrotto per ragioni esterne alla coppia, ecco allora che ci si trova ad affrontare un vero e proprio lutto: l’interruzione della gravidanza e del travaglio, poco differente da un “lutto reale” per la morte di un figlio. È come tornare a braccia vuote da un ospedale o con tristi notizie dopo un’ecografia in gravidanza. Se questa esperienza ahimè di aborto biologico è già stata vissuta in passato dalla coppia, l’evento dell’annullamento di abbinamento sarà quindi anche maggiormente doloroso.

Non sta succedendo a noi…

La prima emozione che avverte una coppia è spesso l’incredulità, accompagnata da un sordo dolore e queste due reazioni insieme, spesso, danno origine ad una sorte di distacco emotivo: “non sta succedendo a noi”.

La seconda emozione è quella di vuoto, dopo tanto fantasticare su momenti da trascorrere insieme e spazi fisici nella casa da dedicare al bambino.

La terza emozione è quella di impotenza, di mancato controllo sugli eventi, di dover sempre dipendere da qualcuno esterno alla coppia che possa decidere se, come e quando sia il momento di diventare finalmente genitori.

L’ultima emozione è quella di rabbia, che talvolta può portare a veri e propri vissuti di stallo, in cui una coppia può arrivare a pensare di non voler più proseguire con l’iter adottivo. Questa rabbia può essere alimentata dalla fantasia che ci sia stata una valutazione negativa della propria coppia da parte delle istituzioni e degli operatori o che sia stata preferita una famiglia con risorse “migliori”.

Sono emozioni fisiologiche e del tutto normali.

Tra le “soluzioni” consigliate come antidoto al dolore della perdita di un abbinamento e quindi di un figlio, spesso viene suggerito alla coppia di rimettersi subito in carreggiata e pensare ad un altro prossimo abbinamento.

La coppia ha solitamente invece altri bisogni, molto diversi dal “rimpiazzo”.

Ogni coppia ha il proprio modo di reagire e il proprio tempo…

Ciascuno ha il proprio modo di reagire e soprattutto il suo tempo: alcuni negano l’accaduto e cercano di non pensarci per molto tempo, soprattutto quando il dolore sembra troppo feroce per essere gestito, e iniziano a poterci pensare solo molto tempo dopo, quando scoprono di avere risorse ed energie per farlo.

Mai minimizzare o fuggire. È molto importante prendersi tutto il tempo necessario per capire le proprie emozioni e come il lutto stia impattando su se stessi e sul proprio partner, per capire di cosa si ha bisogno e per cercare risorse dentro e fuori di noi.  Codificare quindi le reazioni, del tutto soggettive ma sempre presenti, che si stanno vivendo e sapere che è possibile chiedere aiuto ad operatori formati in merito e ad altri genitori è un impegno essenziale per poter stare meglio sia a medio che a lungo termine.

Anche la presenza e il supporto della famiglia allargata è importante per potersi rifugiare in quell’abbraccio di parenti e/o di legami di amicizia più significativi e riceverne consolazione.

“Lasciare andare” quel mancato figlio

A differenza di un “lutto reale”, quello che può inoltre permettere ad una coppia di superare questo “lutto psicologico” è la speranza che quel bambino non più da loro adottabile, avrà un futuro comunque felice vedendo rispettare il proprio diritto di essere figlio.

Le istituzioni e gli operatori del settore dovrebbero lasciare questo tempo di elaborazione alla coppia, senza giudicarlo negativamente, ma rassicurandola senza pressioni.

Tutto questo servirà a poter “lasciare andare” quel mancato figlio, per poter liberare quello spazio mentale che è stato occupato da quell’abbinamento (da quel bambino) per tutto il tempo del travaglio prima e del lutto poi, per fare posto ad una ritrovata fecondità della coppia.

Caterina Calamo

Psicologa e psicoterapeuta Ai.Bi. – Amici dei Bambini