Adozioni Internazionali e calo delle idoneità: acceso dibattito fra CAI e Famiglia Cristiana

E’ querelle tra CAI (Commissione Adozioni Internazionali) e Famiglia Cristiana, dopo la pubblicazione sull’ultimo numero del settimanale cattolico di un inserto speciale dedicato al tema delle adozioni internazionali.

Famiglia Cristiana nel dossier in edicola in questi giorni (disponibile online sul sito di Famiglia Cristiana) afferma che “nel 2010 le adozioni sono calate in modo significativo”, riportando anche un’analisi dettagliata relativa alla provenienza dei minori adottati nel nostro paese ed offrendo ampio spazio ad un’intervista al Presidente di Ai.Bi. Marco Griffini, in cui si commenta il preoccupante calo dei decreti di idoneità verificatosi negli ultimi anni in Italia (6.237 nel 2006, 5.635 nel 2007, 5.045 nel 2008, 4.377 nel 2009, 1.553 nel primo semestre del 2010) “Se si continua così – afferma Marco Griffini – nel 2020 dovremo chiudere le adozioni internazionali perche non ci saranno più coppie richiedenti. L’Italia non ha mai considerato l’Adozione Internazionale come un elemento importante di politica estera, a differenza di Francia e Stati Uniti. Essa viene vista come un affare privato della coppia: deve essere invece inserita in progetti di cooperazione, perché tutte le azioni promosse dall’Italia all’estero avvengano con garanzia del principio di sussidiarietà”.

Al centro della discussione alcuni dati ed affermazioni riportati nell’inserto del settimanale cattolico che secondo la CAI  “riporta informazioni del tutto scorrette e, comunque, non aggiornate, che possono generare inutile confusione e sconforto nelle famiglie interessate all’adozione internazionali. Infatti, il sottotitolo afferma che le adozioni sarebbero calate in modo significativo nel 2010, quando al contrario nell’anno appena concluso i 4130 minori adottati dalle coppie italiane rappresentano il numero più alto mai registrato di adozioni internazionali realizzate nel nostro Paese, che ormai da anni è il primo Paese d’accoglienza in Europa, secondo nel mondo solo agli Stati Uniti d’America. Ciò è il frutto dell’intenso lavoro della Commissione e degli enti autorizzati e delle relazioni costanti e sempre più proficue con un numero crescente di Paesi d’origine.
Si rileva inoltre che nel 2010 il tempo medio di attesa per la realizzazione di un’adozione internazionale (calcolato dal momento del conferimento dell’incarico all’ente autorizzato fino al rilascio dell’autorizzazione all’ingresso di competenza della Commissione) è stato di 26 mesi, e non di tre-quattro anni come si legge in altra parte del dossier. Anzi: il 45,9% delle adozioni concluse nel 2010 riguarda coppie che avevano conferito l’incarico all’ente nel 2009 o, addirittura, nel 2010.
Occorre poi precisare che l’Italia è uno dei pochissimi Paesi a prevedere un consistente sostegno economico statale alle famiglie che hanno intrapreso la procedura adottiva, sia sotto il profilo della deducibilità fiscale, sia sotto il profilo del rimborso delle spese sostenute che, nel 2010, è stato aumentato.
Infine, si sottolinea con forza che, nel sistema normativo e  operativo italiano, l’adozione internazionale non è affatto un “affare privato”, come viene fatto dire nel dossier. Fin dal suo nascere la Commissione per le adozioni internazionali ha sviluppato un energico ed efficiente sistema di cooperazione per la promozione dei diritti dell’infanzia, finanziando in tutti i Paesi d’origine centinaia di progetti, realizzati dagli enti autorizzati e mirati all’attuazione concreta del principio di sussidiarietà e alla promozione dei diritti dei bambini, ivi compreso quello di crescere nella propria famiglia biologica.”