Adozioni internazionali: l’Africa si ferma a Catania

L’Africa ha vissuto in questi giorni un ruolo da protagonista indiscusso. Nel vertice del G8 i rappresentanti delle potenze mondiali e dei Paesi africani si sono incontrati per valutare le strategie di sviluppo del continente; il presidente degli Stati Uniti Obama nella sua visita in Ghana ha incoraggiato l’Africa a determinare il proprio destino.

Eppure l’enfasi sul destino dell’Africa si spegne di fronte a notizie come quelle che arrivano da Catania, dove il Tribunale per i minorenni ha emesso un decreto di idoneità a un’aspirante coppia adottiva, indicando che “non è disponibile ad accogliere bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea o in condizioni di ritardo evolutivo“.

A nulla allora sono serviti i discorsi del primo Presidente degli Stati Uniti di colore, potrebbero essere carta straccia i trattati internazionali e le Convenzioni come quelle de l’Aja se in Italia esiste ancora oggi chi si preoccupa di fare delle differenze nell’accoglienza dei bambini dalla pelle scura.

Si tratta di una visione errata delle adozioni internazionali, in quanto viene tutelato solo l’interesse della coppia a “scegliere” un bambino da adottare. Al contrario non si dovrebbero cercare bambini per soddisfare le esigenze delle aspiranti famiglie, ma famiglie per i minori che sono effettivamente adottabili. Spesso sono proprio i bambini già “grandicelli” o quelli che fanno parte di un gruppo etnico di minoranza che non riescono a trovare una famiglia disposta ad adottarli nel loro Paese. Ecco quindi che l’adozione internazionale diventa l’ultima possibilità per trovare una famiglia per ognuno di loro.

Un decreto vincolato toglie anche questa ultima opportunità.

Come è già accaduto in passato, quando Ai.Bi. aveva segnalato alla stampa l’esistenza di numerosi decreti vincolati da parte dei Tribunali per i minorenni di Firenze e Ancona, anche per questo l’associazione intende percorrere tutte le iniziative necessarie affinché i Tribunali si rendano promotori di una cultura dell’accoglienza e dell’uguaglianza dei minori. I decreti vincolati sono contrari al supremo interesse del minore alla famiglia, tanto più se si considera che nel 2001 la legge 184/1983 sull’adozione internazionale è stata modificata (art. 1 comma 5) per sancire che “il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.”

“A distanza di quasi dieci anni, leggi e regolamenti hanno dimostrato di non essere stati in grado di cambiare la cultura dell’accoglienza. – ha detto Marco Griffini, presidente di Ai.Bi. – Auspico quindi che l’incontro di domani tra la Commissione per le adozioni internazionali e i Tribunali per i minorenni sia l’occasione per mettere fine una volta per tutte all’ingiustizia dei decreti vincolati.”