Ai.Bi. vuol fare adottare in meno di 9 mesi? Allora io rinuncio al sostegno senza distanza

Maria scrive:
Cara Ai.Bi., ho letto con sdegno uno degli annunci “pubblicitari” che avete lanciato quest’anno in occasione della campagna di comunicazione sull’abbandono dei minori e sulla riforma della legge. Mi riferisco all’annuncio: ‘Vuoi in figlio? Non aspettare 9 mesi. Adottalo’. Che cosa vuol dire? Una donna deve scegliere di adottare piuttosto che avere un figlio proprio? Sono indignata e per questo ho deciso di rinunciare a sostenere con voi un bambino a distanza.

Cara Maria,

oggi c’è una grande crisi che attraversa l’Italia e il mondo: e non è tanto la crisi economica, quanto quella delle adozioni internazionali. Si è verificato un crollo, negli ultimi quattro anni, delle coppie che stanno chiedendo di adottare un bambino: dalle circa 6.000 richieste di idoneità del 2006 alle circa 3.000 del 2011. Se andiamo avanti di questo passo nel 2020 finiranno le adozioni internazionali e quello che più conta è che purtroppo non diminuiscono i bambini abbandonati, anzi, aumentano di cinque milioni all’anno.

 Ai.Bi. è stata l’ unica e la sola realtà nel panorama dell’adozione ad aver denunciato la crisi in atto nel mondo dell’accoglienza, lanciando un’iniziativa nuova e anomala: la sottoscrizione di un Manifesto di legge, basata su 6 punti problematici fondamentali – le cause stesse di questa crisi – proponendo di risolverli e modificarli.

Ed è proprio tra questi punti che riconoscerà la frase provocatoria che l’ha spinta ad irritarsi tanto, ma per questo ci soffermiamo a spiegare e a chiarire 4 di questi punti, pilastri fondamentali della nostra campagna:

1) “Vuoi un figlio, non sentirti in colpa. Adottalo!”  Vogliamo più famiglie, quindi passare dalla cultura della selezione alla cultura dell’accompagnamento delle coppie. La coppia è una grande risorsa. Una famiglia che si sente padre e madre di un figlio non suo è una famiglia già idonea ad adottare, ma non sa che cosa voglia dire l’adozione internazionale. È allora necessario che questa famiglia venga accompagnata nel percorso accompagnamento; e, in questo percorso, non devono avere più spazio i Tribunali per i minorenni. L’Italia è l’unico Paese europeo in cui, per ottenere l’idoneità ,bisogna sottostare al giudizio di un Tribunale per i minorenni. Quindi, questa proposta di legge prevede l’abolizione dell’emissione dell’idoneità da parte del Tribunale per i minorenni: il decreto di idoneità sarà il risultato di questo percorso di accompagnamento.

2) “Vuoi un figlio, non aspettare 9 mesi. Adottalo!”  Oggi per adottare un bambino straniero bisognerà aspettare fino a 48 mesi. Pertanto, se per adottare oggi occorre aspettare tutto questo tempo, con la nostra proposta di legge si potrà attendere ancora meno della stessa aspettativa “naturale” (Vuoi un figlio, non aspettare 9 mesi. Adottalo).  Infatti la proposta Ai.Bi. per l’adozione internazionale impone procedure brevi con termini perentori. Vogliamo che questo iter sia ben definito, bisognerebbe inserire dei termini che siano precisi, ossia: se la legge dice che l’idoneità dev’essere ottenuta nell’arco di 9 mesi, che questi 9 mesi siano il termine che non può essere superato.

3) “Vuoi un figlio, non spendere un euro. Adottalo! ” Una delle cause della fuga dalle adozioni internazionali sono i costi elevatissimi. Oggi, per adottare un bambino straniero, occorre pagare dai 25mila ai 30mila euro. Pertanto proponiamo di diminuire il numero degli enti autorizzati fino a pochi enti ben strutturati, capaci di fare un certo numero di adozioni, in modo tale che si possano innescare delle economie di scala. Con 20 enti autorizzati capaci di fare 200 adozioni internazionali ciascuno, si possono ridurre i costi attuali fino al 30 o addirittura al 40%.

4) “Vuoi un figlio, non serve un partner,  adottalo! ” L’adozione ai single: oggi le famiglie sono sempre di meno, e i bambini abbandonati sono sempre di più: quindi, nella misura in cui le famiglie non ci siano o non siano più disponibili, occorre dare a tanti bambini, con bisogni speciali, la possibilità di poter essere adottati.

La nostra è  una lotta per la giustizia: dobbiamo cercare di dare una speranza ai 168 milioni di bambini abbandonati; vogliamo rendere un grande atto di giustizia a questi bambini, vogliamo ridare i diritti che sono stati tolti loro. Ecco allora quattro messaggi che fanno fare un salto sulla sedia, cara Maria. Ma non si è trattato solo di forzare i limiti e le regole della pubblicità. Non è stata solo questione di essere “più comunicativi dei comunicatori stessi”. È questione di dare, con le poche forze a disposizione di un ente di volontariato come Ai.Bi., uno schiaffo agli insensibili, da parte del bambino abbandonato. Uno schiaffo, sì. Ma certo non indirizzato a lei, Maria, o alle molte donne che, come lei, sono attive in un impegno personale e che donano se stesse e la propria vita a sostegno dei bambini degli istituti.

Cordialmente

Pippo Sollecito, Settore Sostegno Senza Distanza di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini