Caro Presidente Draghi, grazie per le belle parole, ma il volontariato in Italia sta morendo

“La profonda ricchezza del nostro volontariato che altri ci invidiano” messa in profonda crisi da una riforma del Terzo settore che non ne esalta le vere peculiarità.

Nel suo discorso pronunciato ieri in Senato, Mario Draghi non ha mancato di sottolineare come “spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro – e come dovremmo essere nei confronti dell’Italia – più orgogliosi, più giusti e più generosi. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano”.

Ringraziamo il Presidente del Consiglio per questa bella considerazione che risponde a verità. È infatti una peculiarità prettamente italiana l’aver costruito, proprio partendo dalle prime esperienze di volontariato, un modello di welfare in cui  il non profit possa dispiegare tutto il proprio potenziale.

Ciò si rileva in modo particolare sia in tutti quei servizi alla persona in cui è necessario produrre relazioni oltre che beni, sia in tutti gli ambiti in cui i beni da produrre sono sì valutabili attraverso meccanismi di mercato, ma non sono redditizi in una logica profit.

Ora, nella galassia non profit è presente un Terzo settore, che produce beni e servizi ad alto valore sociale, talvolta non redditizi ma pur sempre di mercato e un Quarto settore, in passato definito volontariato, che, suddiviso in tante organizzazioni grandi e piccole, costruisce comunità.

È  evidente che intenti, obiettivi e motivazioni di due settori siffatti, saranno probabilmente destinati a divergere sempre più ampiamente.

Potrebbe allora essere un esercizio interessante per le organizzazioni non profit italiane, provare a comprendere in quale dei due settori si riconoscono di più… Se cioè la loro ragione d’essere primaria sia la produzione di beni di mercato (seppure socialmente utili) o la costruzione di relazioni e comunità.

Ma qui viene il problema:

la nuova riforma del Terzo Settore guarda principalmente alle grandi organizzazioni, in particolare alle cooperative ed alle imprese sociali, dimenticandosi di valorizzare le piccole organizzazioni di volontariato che oltre ad essere la maggioranza, sono presenti capillarmente sull’intero territorio nazionale, facendosi carico, trasversalmente, ogni giorno, di tutte “le povertà”,  che toccano così da vicino il nostro Paese e che non accennano a diminuire in questo periodo storico funestato dall’emergenza.

A causa degli ingenti oneri previsti dalla riforma, che le piccole e medie organizzazioni di volontariato dovrebbero sostenere per essere iscritte nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, molte di queste fondamentali realtà, stanno  pensando di sciogliersi.

Ciò comporterebbe una perdita ingente per il nostro Paese di tutti quei valori come  il dono, la gratuità e l’advocacy, strumenti essenziali e basilari per uno sviluppo armonioso della società.

Si rende quindi necessaria, caro Presidente Draghi, una seria ed urgente riflessione sulla possibilità di pensare a qualche cosa in più rispetto alla semplice attuazione dell’attuale “riforma” del Terzo Settore. 

In effetti tra una cooperativa sociale che si muove ormai in una logica completamente di mercato e un’organizzazione di volontari che tiene vivi i legami di una piccola comunità, come molte ce ne sono in Italia, le differenze sono orami superiori ai punti di contatto.

Potremmo così forse  scoprire che il mondo della impresa sociale (con tutti i suoi addentellati) e il mondo del volontariato, finalmente riconosciuti nella propria diversa identità, sono al loro interno più omogenei, e quindi, maggiormente capaci di darsi una rappresentanza efficace, di quanto oggi non riesca ad essere il non profit italiano complessivamente inteso.

Ne guadagnerebbe allora tutto il Paese, soprattutto in un momento storico contrassegnato da fortissime tensioni sociali come quello che stiamo oggi vivendo.