Cina: “Se c’è qualcosa che non va Shan si butta all’indietro. Inspiegabilmente. E questo mi manda in bestia”

giochi_di_prestigio_feste-di-compleannoLe magie con le carte seduti per terra sul tappeto, i primi capricci e la difficoltà di “comunicare” e decifrare il male della solitudine che ogni bambino si porta dentro. Un grande ‘mistero’ che alimenta i timori e le piccole crisi di un papà che si interroga se deve comportarsi con il figlio adottivo al pari dei figli biologici. Se deve trattarlo con una particolare attenzione, con il rischio di farlo sentire “diverso” o, invece, nel bene e nel male, nello stesso modo dei suoi fratelli: rimproveri (se il caso) e coccole per gratificarlo. La risposta arriva da sola: Shan è figlio come Emma e Pietro.  Ognuno è unico e irripetibile a suo modo.

Continuano i racconti a cuore aperto dei nostri genitori in viaggio in Cina…A parlare è papà Lorenzo…

Care Cristina, Marta e Lisa,

ho appena messo giù il piccolo Shan nel suo lettino dove spero ci rimarrà tranquillo per le prossime nove o dieci ore come le ultime tre notti. Stasera il ragazzo ha voluto sentire il disco per due volte prima di addormentarsi. Fino a ieri una ninna nanna gli bastava, stasera ne ha volute due. Il monello, comincia pure lui a comandare.

Stasera era particolarmente arzillo dopo la prima partita a carte della sua vita. Tutti e cinque seduti sul tappeto, lui nel mezzo con un mazzo di carte da scala davanti e una buona mezz’ora è passata tra risate e giochi di prestigio: già perché per lui, come per tutti i bambini, le carte sono magiche. E’ forse per questo che ci ha messo un po’ prima di cedere alla mia fantastica cantilena.

L’averla dovuta prolungare però mi ha dato tempo per pensare. Di stare un po’ solo tra me e me, senza gli altri tre che gironzolavano. E ripensando alla giornata mi sono accorto che con il piccolo Shan, ci conosciamo ancora poco. Troppo poco. Lui ha degli atteggiamenti che non comprendo. Ovviamente si porta dietro due anni di abbandono e sarebbe da stupidi pensare di poter capire cosa abbia dentro questo bambino e il suo comportamento di fronte a qualcosa che non gli va. Tuttavia il fatto di non poterlo capire, aiutare, consolare mi manda in bestia e mi genera quell’accumulo di tensione di cui parlavo prima.

E’ un bambino che piange poco. Se piange è perché siamo in ritardo col mangiare o perché ha mal di pancia e deve scaricarsi. Per il resto quando deve dirci qualcosa fa dei versi. Quando c’è qualcosa che non gli va, quando vuole andare da una parte e tu lo porti da un’altra, quando si deve lavare, quando vuole alzarsi invece di stare seduto. Se c’è qualcosa che non gli piace si butta all’indietro. Inspiegabilmente. Probabilmente succede quando sta per stancarsi di qualcosa o non è soddisfatto di ciò che sta facendo. Non riesco a farlo smettere ed è proprio lì che raggiungo il culmine. Vorrei urlare per davvero per dirgli che sono lì, di stare tranquillo, di non preoccuparsi di nulla che ci siamo noi. Lui non capisce, non smette, come se non ci fossi e … è meglio che lo lascio se no esplodo!

Mamma mia come è stato difficile scrivere queste righe!

Queste cose succedono e sono successe anche con gli altri due nostri bambini. Solo che con gli altri potevo permettermi di esplodere perché tanto non andavo a compromettere nulla, anzi serviva oltre che a me, anche a loro per rimettersi in carreggiata. Con Shan, sicuramente, in questo momento non posso fare un passo falso del genere per evitare di sbriciolare l’ancora fragile castello di sabbia che è la nostra relazione.

Questa è la difficoltà più grande che ho in questi giorni: riuscire a farmi capire, a dirgli: “Stai tranquillo, sono qui! E non ti lascerò mai!”

Fin da quando cinque o sei anni fa lo psicologo dei servizi mi chiese durante l’indagine cosa ritenessi ci fosse di diverso tra paternità biologica ed adottiva, la mia opinione a riguardo non è mai cambiata. Per me non c’era nulla di diverso. E anche oggi, dopo i primi dieci giorni di paternità adottiva dico: non c’è nulla di diverso.

Anche se in fondo con Shan mi comporto diversamente che con Pietro ed Emma. Ma è altrettanto vero che con Pietro mi comporto diversamente che con Emma e Shan ed infine con la streghetta mi devo comportare diversamente che con altri due. Ognuno ha un approccio differente e questo approccio non dipende dal fatto che uno è biologico e l’altro adottato. Se con Pietro alzo la voce ottengo qualcosa. Se con Emma alzo la voce senza scaldargli il sedere con una sana e magnifica sculacciata non ottengo nulla. Se con Shan alzassi la voce fino a che non mi sentono nove piani di sotto, non servirebbe a nulla. Ognuno, proprio perché unico ed irripetibile ha un suo modo. E torno a ripetere che non dipende dal fatto che sia sangue del mio sangue o meno. Tutti e tre sono miei figli. Punto. Diversi ma allo stesso tempo uguali.

Ora, con Shan sono all’inizio e logicamente devo trovare la strada giusta per farmi capire, ma quando la troverò, e statene certe che ci riuscirò, allora trasmetterò a lui le stese identiche cose che ho cercato di trasmettere agli altri. A Pietro alzando la voce, a Emma con una sculacciata, a lui magari semplicemente con un bacio o un abbraccio di quelli che ti lasciano senza fiato!

A presto,

Lorenzo

(8/continua…)