Covid seconda ondata. Nonni e nipoti addio: arriva il lockdown generazionale

“Un lockdown anagrafico potrebbe avere effetti positivi sulla mortalità da covid ma potrebbe aumentare quella legata ad altre patologie”.

La curva del contagio da coronavirus non accenna a diminuire.

Tra le misure proposte per tentare di correre ai ripari, ha fatto discutere quella di alcuni economisti di separare gli anziani dai giovani, con l’introduzione di misure di protezione mirata. La mortalità del virus, lo sappiamo bene, purtroppo, aumenta con l’età e una limitazione di contatti e spostamenti per gli anziani sarebbe da alcuni considerata la soluzione ideale per vedere scemare in maniera significativa i decessi da covid -19, evitando conseguenze catastrofiche per l’economia.

Anche uno studio svolto dall’Istituto per gli studi di politica internazionale ha evidenziato che:

“ L’82% dei deceduti per covid aveva più di 70 anni e il 94% più di 60. Sarebbe sufficiente isolare gli ultra ottantenni per dimezzare la mortalità diretta del virus – sottolinea l’ISPI -Se poi riuscissimo a isolare gli ultra –sessantenni la mortalità sarebbe dieci volte inferiore”.

Ma un lockdown generazionale sarebbe davvero una misura necessaria?

Lo stesso ISPI appare dubbioso: “Davvero un lockdown limitato alle fasce anziane ne eviterebbe l’infezione? Ci sono molti dubbi al riguardo”.

Perplessità nascono sulla modalità di realizzare questo isolamento generazionale, sia sull’opportunità, in un contesto in cui i “giovani” continuerebbero a vivere la loro vita normale di chiedere un sacrificio così ingente agli anziani.

 Ivan Pedretti, del sindacato pensionati CGIL chiarisce alla Stampa: “un’isolamento mirato per gli anziani non è praticabile e probabilmente è anche anticostituzionale, meglio intervenire ad esempio sui trasporti pubblici o sull’accesso al supermercato”.

E c’è chi pensa a soluzioni meno invasive per contenere il virus, come Luca Lorini, direttore della terapia intensiva del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che come riportato dal Fatto Quotidiano sottolinea: “Non ho più voglia di vedere bare piene di anziani che muoiono di covid, è giusto provare a tutelarli. Il che non vuol dire restare chiusi 6 mesi in casa: se chi va a lavoro o a scuola si muove tra le 7 e le 9, chi ha qualche anno in più per portare i cane fuori potrebbe uscire tra le 9 e le 11. L’importante è che eviti di incontrare chi è in grado di infettarlo. Come i nipoti. Una rinuncia di 4 o 5 settimane”.

Ma se da una parte c’è chi pensa ad una stretta “generazionale” per estirpare il contagio, dall’altra c’è chi lancia un altro allarme: “Un lockdown anagrafico potrebbe avere effetti positivi sulla mortalità da covid ma potrebbe aumentare quella legata ad altre patologie”. E’ il professor Raffaele Antonelli Incalzi, primario al Campus Biomedico di Roma che sempre sulla Stampa racconta le possibili conseguenze dell’isolamento:“ Intanto la privazione di contatti umani relazionali che porta alla depressione, la probabile rinuncia o riduzione all’attività fisica e il conseguente peggioramento di problemi cardiaci o vascolari. Infine l’inevitabile oscuramento delle patologie non covid”.

Come cercare allora di limitare i rischi di contagio?

Il professor Antonelli suggerisce: “Annullare questo rischio è impossibile ma si può ridurre. Ai miei pazienti consiglio di insegnare ai nipoti il gioco dei due metri per farli stare a distanza. Tutti gli adulti che entrano in casa devono indossare la mascherina, usare  percorsi fissi e postazioni abituali, per diminuire la contaminazione ambientale. E magari evitare di stare insieme troppo a lungo nella stessa stanza chiusa”.