Crisi economica e calo della natalità. Rispondere con l’adozione al crollo demografico

neonati

Dopo la recessione economica, ecco la recessione delle nascite. Nel 2013 in Italia è stato segnato il nuovo minimo storico di bambini registrati all’anagrafe: 515mila. Ben 13mila in meno del 1995 che, con i suoi 528mila tra fiocchi rosa e azzurri, rappresentava il picco più basso nella storia della natalità italiana. Il trend che ha portato a stabilire questo triste record è in realtà iniziato 5 anni fa, come del resto in tutti i Paesi europei, anche se con ritmi e intensità diverse: da allora, da noi, ci sono state 64mila nascite in meno. Un dato allarmante, ma addirittura minimo se confrontato con quello di 50 anni fa: nel 1964, anno del picco massimo della natalità, vennero al mondo 1 milione e 35mila bambini.

A pubblicare i numeri di questo preoccupante fenomeno è stato l’Istat che, nel suo rapporto annuale sull’Italia, individua anche la causa principale del crollo delle nascite: la crisi economica. Le donne italiane in età feconda sono sempre di meno e soprattutto fanno meno figli e sempre più tardi. Quelle fino ai 30 anni, nate dal 1983 al 1998, sono poco più della metà delle donne con più di 30 anni e ancora in età feconda, ovvero nate dal 1964 al 1982. meno donne feconde già di per sé significa meno nascite. Ma a questo bisogna aggiungere, appunto, gli effetti della recessione economica.

Aumentano le famiglie nelle quali l’unica persona che porta a casa lo stipendio è una donna (12,2%). Negli anni della crisi, il tasso di occupazione femminile non sono scesi molto, anche perché erano già molto bassi: il 12% in meno rispetto alla media dell’Unione Europea. Quello che peggiora è lo stile di vita delle donne: il 42,7% delle lavoratrici con figli piccoli ha difficoltà a conciliare lavoro e famiglia e ciò induce a fare meno bambini. Il nostro, infatti, è un Paese in cui i servizi per l’infanzia sono insufficienti e costosi. L’incertezza dell’occupazione giovanile, inoltre, posticipa l’uscita dalla famiglia di origine e i progetti per il futuro. Un figlio spesso comporta il rischio di non vedersi rinnovare un contratto di lavoro e questo mette in pericolo economie familiari già fragili. Non è tanto l’occupazione femminile, quindi, a comprimere le nascite, quanto piuttosto la mancanza di occupazione e l’impossibilità di conciliarla con i figli.

“Le donne sono ancora troppo spesso costrette a uscire dal mercato del lavoro – commenta il presidente facente funzioni dell’Istat Antonio Goliniin occasione della nascita dei figli”. A dargli ragione ci sono i dati relativi alle madri che non lavorano più a 2 anni di distanza dal parto: erano il 18,4% nel 2005, sono salite al 22,3% nel 2012. In generale, la generazione under 35, quella che dovrebbe pensare a fare bambini, vive invece nella maggiore incertezza: per loro il rischio povertà è 3 volte superiore alla media. Un pericolo che riguarda il 19,5% delle famiglie italiane. Tra gli under 30, il 40% è disoccupato e i nuclei familiari privi di reddito sono raddoppiati: da 1 milione e 400mila del 2008 a 2 milioni e 100mila del 2013.

Un modo per rallentare, almeno parzialmente, il crollo di giovani in Italia c’è e si chiama adozione internazionale. A fronte di una continua fuoriuscita di ragazzi (68mila emigrati nel 2012) e del calo delle nascite, l’ingresso in Italia di minori stranieri può dare nuova linfa a un Paese che tende inesorabilmente a invecchiare. L’adozione comporta spese inferiori e maggiore sicurezza rispetto a ogni pratica di fecondazione assistita e porta in Italia l’entusiasmo e la voglia di riscatto di tanti bambini abbandonati pronti a integrarsi con la nostra società divenendo parte fondamentale del suo sviluppo e, si spera, della sua ripresa post-crisi. Alle famiglie desiderose di accogliere un minore in adozione, quindi non può non andare un appello a contribuire, così, alla rinascita del nostro Paese, aiutandolo a ringiovanire a dargli nuova speranza per il futuro.

 

Fonti: Corriere della Sera, Il Messaggero, la Repubblica