Di Biagio (Area Popolare): “Congo. Il Tribunale di Goma blocca gli anomali trasferimenti dei bambini adottati ordinati dalla CAI e apre una inchiesta”.

aldo-di-biagio1Il caso dei 22 bambini congolesi trasferiti di notte (lo scorso 29 dicembre) da una casa famiglia di Kinshasa a un altro luogo continua a fare discutere in Parlamento portando alla ribalta ulteriori aspetti della vicenda.  

Ma non solo: anche nella città di Goma sarebbero  stati ordinati dalla CAI dei trasferimenti di minori adottati da coppie italiane  senza il coinvolgimento delle autorità congolesi e su cui lo stesso Tribunale di Goma è intervenuto aprendo delle inchieste ad hoc.

Proprio su questi avvenimenti e sul modus operandi poco chiaro della Commissione  (guidata dall’ex Pm Silvia Della Monica), il senatore Aldo Di Biagio, del gruppo Area Popolare, vuole immediatamente fare luce.

A questo scopo il senatore hapresentato, il 12 febbraio al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un’interpellanza molto dettagliata nella quale chiede che si faccia immediatamente chiarezza e prendere dei provvedimenti.

Non da ultimo il senatore Di Biagio, nel chiedere un intervento da parte del Governo, nell’interpellanza solleva dei dubbi su suora Benedicta, la religiosa congolese su cui il ministro Boschi conta per risolvere il braccio di ferro con il Congo: quest’ultima, infatti, non è una suora essendo stata sospesa dal suo ordine religioso di appartenenza per “gravi trasgressioni” nel 1997.

Di seguito il testo completo dell’interpellanza.

Interpellanza

 

DI BIAGIO – Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri della giustizia e degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Premesso che:

come ampiamente emerso da molteplici articoli di stampa nazionale ed estera, nella giornata del 29 dicembre 2014 nella città congolese di Kinshasa, 22 bambini congolesi, interessati da procedimenti di adozione da parte di coppie italiane e già assegnati ad esse, sono stati oggetto di un anomalo procedimento di “trasferimento” a proposito del quale nelle ultime settimane sono emerse posizioni, dichiarazioni e notizie contrastanti e certamente poco chiarificatrici di quanto realmente verificatosi in Congo;

i bambini, erano ospitati nella casa famiglia “Ange Gabrielle” di Kinshasa, e, stando alle dichiarazioni degli operatori della struttura, riportate diffusamente dalla stampa, sarebbero stati prelevati la sera del 29 dicembre 2014 da 3 persone le quali, stando a quanto riferito dal direttore dell’orfanotrofio congolese, avrebbero evidenziato di aver ricevuto da parte della Commissione per le adozioni internazionali (CAI) italiana un mandato, attraverso l’ente autorizzato “fondazione Raphael onlus”, di trasferire nella struttura della fondazione, con dichiarata urgenza, tutti i bambini con procedura adozione in corso;

risulta all’interrogante che gli operatori della casa famiglia Ange Gabrielle abbiano chiesto di poter preparare psicologicamente i bambini ed organizzare al meglio logisticamente il trasferimento. A ciò si aggiunge il fatto che l’orfanotrofio è di regola designato come autorità di tutela dei bambini accolti dalle autorità locali e che anche tale circostanza sia stata fatta presente dagli operatori della struttura di accoglienza dei minori;

sebbene gli operatori dell’orfanotrofio abbiano espressamente richiesto di posticipare le procedure di trasferimento all’indomani delle festività natalizie, i 3 incaricati hanno più volte sottolineato il carattere di urgenza che la CAI avrebbe segnalato al fine di risolvere il prima possibile la questione;

stando ai dati a nostra disposizione, alle 22 e 15 del 29 dicembre 2014 22 bambini congolesi, molti dei quali in pigiama e privi di valigie o semplici effetti personali sono stati trasferiti con un furgoncino, noleggiato per l’occasione, in altra sede;

la vicenda ha avuto un’eco significativa in Congo, non soltanto tra gli operatori di settore ma anche e soprattutto tra le istituzioni che, alla luce dei fatti, avrebbero rinvenuto una sorta di violazione delle norme interne congolesi e delle corrette procedure che sottendono la gestione e la custodia di minori in attesa di essere affidati a famiglie adottive italiane, anche in ragione di pregressi e ratificati accordi che, con la nuova determinazione della CAI italiana, sarebbero stati completamente disattesi;

con riguardo alla posizione assunta dalla CAI, vale la pena segnalare che la presidente della stessa, in data 20 gennaio 2015, con un comunicato sul proprio sito internet ha sottolineato che le notizie in merito all’illegittimo trasferimento dei 22 bambini “sono false e calunniose” senza però entrare nel merito della vicenda né fornire elementi chiarificatori ai molteplici interrogativi sollevati dalla autorità e dalla stampa congolese;

di contro, risulta all’interrogante, che, malgrado la mancata conferma da parte della CAI e l’accusa di falsità rivolta alla descrizione dei fatti ad opera dei media italiani e congolesi, con una nota del 23 dicembre 2014, prot. 66177/2014, indirizzata al presidente dell’ente autorizzato “fondazione Raphael onlus” la presidente della CAI conferisce ufficiale incarico per il “trasferimento dei minori”: nella lettera di incarico si legge che la CAI incarica ed autorizza “L’organizzazione Fondazione Raphael Onlus, con l’aiuto dei suoi rappresentanti e collaboratori nella repubblica democratica del Congo a trasferire tutti i minori (…) che si trovano attualmente nelle strutture, case d’accoglienza, centri o famiglie di Kinshasa”;

nella citata lettera di incarico si legge ulteriormente nelle premesse che i genitori adottivi, interessati alle procedure adottive relative ai minori in oggetto, avrebbero revocato e confermato la fine del mandato all’ente autorizzato “Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini”, e che dunque le procedure correlate a tali minori sarebbero state prese in carico dalla CAI;

tale circostanza non giustifica invero l’atto del trasferimento dei minori in diverse strutture visto che si trattava di procedure già in carico alla CAI e, soprattutto, che i centri di accoglienza dei minori nel Paese estero non sono direttamente collegati a specifici enti autorizzati italiani, essendo invece incaricati della custodia dei minori dalle autorità locali; in ogni caso, non si comprende la ragione per cui la presidente della CAI non faccia menzione nel suo comunicato delle citate dinamiche riorganizzative né si comprendono i motivi ostativi della condivisione di siffatte nuove determinazioni con le autorità congolesi competenti, nel rispetto delle leggi locali;

risulta all’interrogante che negli stessi giorni vi sia stata una seconda richiesta di trasferimento, nelle medesime dinamiche di quella testè descritta che però sembra non essersi conclusa con lo spostamento dei minori in altra struttura: nello specifico la coordinatrice dell’Associazione “Femme et le Developpement” (Fed) di Goma, che ha in custodia i minori le cui procedure di adozione sono gestite da un ente italiano, si è rifiutata di cedere alle “assillanti” richieste dell’associazione AMAMATU asbl di Suor Benedicta Sekamonyo Muiawimana, verosimilmente incaricata dalla CAI italiana, che pur non avendo alcun impegno o accordo con la Fed avrebbero richiesto di prelevare i minori;

l’indignazione della coordinatrice della Fed è particolarmente esemplificativa, segnatamente quando questa nel chiedere ragguagli al presidente del tribunale per i minorenni di Goma, circa le richieste di persone “a noi sconosciute che vogliono prendere i bambini adottati da soggetti italiani” in un nota datata 9 gennaio 2015 si chiede “perché queste persone che non conosciamo vogliono prenderci i bambini visto che non abbiamo alcun accordo con loro e visto che non ci presentano neppure la prova che è il tribunale di Goma che li manda?”;

con nota del 13 gennaio 2015 il presidente del Tribunale per i minorenni di Goma, dando riscontro alla comunicazione della coordinatrice della Fed ha evidenziato che più segnalazioni sono arrivate al tribunale circa la situazione dei bambini adottati nei diversi centri e che sono oggetto di sollecitazioni impazienti per un trasferimento a Kinshasa e che i problemi relativi alla regolarità delle procedure di trasferimento sono oggetto di approfondimento. Nella stessa nota si sottolinea che ” i bambini adottati che sono ancora sotto la tutela della Fed (…) devono restare in quella sede fino a quando le parti che si presentano per conto delle organizzazioni italiane decidono di fare riferimento alla normativa della Repubblica Democratica del Congo”;

vale la pena sottolineare che nella medesima nota il presidente del Tribunale di Goma precisa che “nello stesso modo in cui le decisioni prese nella Repubblica Democratica del Congo non sono automaticamente applicabili in Italia, mutatis mutandis, quelle prese in Italia non sono immediatamente applicabili nella Repubblica Democratica del Congo. Esistono delle formalità imperative che le parti interessate devono adempiere e dei principi internazionali da rispettare” e, con tali premesse lo stesso invita la coordinatrice della Fed a tenere i bambini adottati in virtù di procedure avviate da alcuni enti italiani fino ad un’eventuale decisione contraria e ciò nell’attesa che venga fatta luce sulla vicenda;

il presidente del Tribunale di Goma nella stessa nota inviata i responsabili delle divisioni provinciali del ministero di Giustizia e di quello di genere, della famiglia e del minore “a restare vigili rispetto a situazioni pericolose simili, che potrebbero verificarsi nei centri e negli orfanotrofi (…) e di prevenirle dando istruzioni ai centri (…) e di fare urgentemente rapporto”;

in una nota del 7 gennaio 2015, indirizzata al responsabile della casa famiglia “Ange Gabriel” e trasmessa per conoscenza anche, tra gli altri, al Ministro Congolese del genere, della famiglia e del minore, all’Ambasciatore dell’Italia in Congo e al presidente del tribunale dei minori di Kinshasa, il direttore capo del servizio della Protezione del minore presso il Ministero del genere, della famiglia e del minore ha evidenziato, a proposito della vicenda del trasferimento dei minori, che “la CAI che è l’autorità centrale italiana in materia di adozione non ha contattato alcuna autorità della RDC per rappresentare le ragioni della sua decisione di ritirare ad un organismo autorizzato all’adozione l’incarico di una procedura di adozione di minore e conferirla ad un’altra”;

nella medesima nota si sollecita il Presidente del Tribunale dei minori competente di Kinshasa ad “effettuare un sopralluogo congiunto sul luogo della nuova sistemazione dei minori al fine di fornire rassicurazioni circa le loro condizioni di vita (…) tutto questo in attesa che la CAI ce lo specifichi ufficialmente;

merita particolare attenzione invece quanto evidenziato con una nota del 2 gennaio 2015, indirizzata al primo presidente della corte di Appello di Goma e rappresentante del Consiglio superiore della magistratura nel Nord-Kivu, dal Presidente del tribunale dei minori di Goma nella quale si evidenziano presunte irregolarità riscontrate a proposito di dossier di adozione internazionale di alcuni minori rientranti nella categoria dei “pupilli dello Stato” vale a dire minori sotto la tutela del servizio dell’aiuto sociale all’infanzia;

stando a quanto segnalato dal tribunale per i minorenni di Goma, nel corso di un controllo di routine dei dossier giudiziari sarebbero emerse delle criticità relative ad alcuni dossier gestiti tra il mese di agosto ed ottobre 2013, relativi a domande di giudizi suppletivi di atti di nascita in favore di minori in situazioni difficili, precisamente minori orfani: stando a quanto riferito dal tribunale i dossier dei 22 minori per i quali nel 2013 erano state formulate richieste di giudizio suppletivo per la formulazione dell’atto di nascita essendo orfani, sarebbero stati sottratti alla competenza del giudice naturale di Goma che sarebbe stato l’unico a potersi pronunciare a proposito, tanto del giudizi suppletivi di atto di nascita, tanto sul giudizio di adozione;

il presidente del tribunale per i minorenni di Goma avrebbe segnalato che il curatore giudiziario dell’associazione AMAMATU asbl di Suor Benedicta Sekamonyo Muiawimana, che avrebbe originariamente formulato la richiesta di giudizio suppletivo dell’atto di nascita dei suddetti minori, avrebbe dichiarato di aver proseguito la procedura di adozione nella città di Kinshasa e non, dunque, nell’ambito della competenza di Goma, luogo di residenza dei minori e dunque di legittima competenza giurisdizionale da parte del tribunale, segnatamente in ragione del fatto che i minori si configurano come “pupilli dello stato”. Sarebbe ulteriormente emerso che le procedure di adozione dei minori collegati ai dossier ancora in possesso del tribunale di Goma sarebbero state completate fuori dal territorio di competenza e ne sarebbe seguito il ricongiungimento oltre confine dei minori con i genitori italiani;

nella nota si evidenzia ulteriormente che la direzione generale per la migrazione avrebbe preso delle misure per contrastare l’uscita dei minori adottati dai cittadini stranieri dalle frontiere congolesi sollevando il dubbio che la suddetta fattispecie di gestione dei minori possa configurarsi come “traffico di minori” essendo operata nella piena violazione della normativa nazionale;

con l’ordinanza 1166/2015 del 31 gennaio 2015 recante misure di collocamento sociale dei minori adottati dinanzi al Tribunale dei minori di Goma da soggetti stranieri, il Tribunale di Goma ha inteso intervenire per far fronte all’impasse normativa ed organizzativa determinata dal trasferimento “in violazione della legge” dei 22 bambini ad opera di organizzazioni che hanno dichiarato di agire per conto della CAI: come viene specificato nella nota di accompagno dell’ordinanza, indirizzata dal presidente del tribunale per i minorenni di Goma al primo presidente della Corte di appello di Goma e rappresentante del consiglio superiore della magistratura nel Nord-kivu, 22 minori beneficiari del giudizio suppletivo d’atto di nascita pronunciato nella giurisdizione del tribunale di Goma sono stati trasferiti, in violazione della legge, da Goma a Kinshasa per essere adottati, privando in questo modo il tribunale competente della responsabilità di conoscere le vicende e della possibilità di avviare indagini conoscitive a riguardo;

nelle premesse della suddetta ordinanza si tiene conto delle “difficoltà provocate dalle richieste di certe persone operanti nel settore della protezione dei minori in situazioni difficili e di vulnerabilità, specialmente per quanto riguarda i tentativi di recupero dei minori nei differenti centri di accoglienza nella città di Goma dalla commissione per le adozioni internazionali italiana, presumibilmente attraverso l’organizzazione I CINQUE PANI in collaborazione con l’associazione AMAMATU asbl” e si evidenzia che le “suddette procedure hanno dato luogo all’apertura di una inchiesta” attualmente ancora in corso presso il medesimo Tribunale per i minorenni di Goma;

l’ordinanza rivolgendosi agli attori della protezione dei minori, ai coordinatori e direttori dei diversi centri e orfanotrofi di Goma che hanno ottenuto dal tribunale le ordinanze di omologazione degli atti di collocamento sociale in favore dei “pupilli dello Stato”, poi diventati minori beneficiari di adozione internazionale, impone di continuare a detenerne la custodia fino a nuovo ordine e di prestare attenzione ai minori, relazionando al tribunale tutte le informazioni relative alle dinamiche connesse all’oggetto dell’ordinanza;

l’ordinanza si rivolge ulteriormente alle organizzazioni non governative straniere che operano nell’ambito delle adozioni internazionali invitandole a rispettare le leggi ed i regolamenti della Repubblica democratica del Congo anche nel periodo di sospensione delle adozioni internazionali;

i carteggi e gli atti ufficiali presi a riferimento dell’interrogante evidenziano in maniera chiara la sussistenza di un modus operandi in capo alla CAI dai tratti discutibili che rischia, stando a quanto evidenziato nelle premesse, di amplificare le già note criticità al momento sussistenti in Congo sul versante della gestione delle adozioni internazionali, segnatamente all’indomani della sospensione di queste dal 25 settembre 2013;

a tali criticità operative dai riflessi non trascurabili sotto il profilo della tenuta delle relazioni bilaterali con il Governo di Kinshasa, meritano di essere chiariti alcuni aspetti relativi al profilo di Suor Benedicta Sekamonyo Muiawimana, referente dell’Associazione AMAMATU asbl e che risulta essere, stando ai documenti citati, uno dei principali interlocutori della CAI sul territorio congolese;

la religiosa, che attualmente si presenta come appartenente alla Fraternità monastica delle suore di San Cerbone di Kinshasa, fece la professione religiosa nell’ordine delle cistercensi bernardine di Esquermes nel 1982, come si evince in una nota della Priora generale della Casa generale dell’ordine con sede in Francia, indirizzata alla diocesi di Massa Marittima di Grosseto. Nella stessa nota la Priora generale fa riferimento a “gravi trasgressioni” in capo alla suora congolese, a seguito delle quali le venne richiesto di lasciare l’ordine nel 1997. Dal 1998 la suora congolese non avrebbe più contatti con la Casa generale pertanto la religiosa vivrebbe una situazione di irregolarità;

nel settembre 2014 un comunicato della diocesi di Massa Marittima, del cui patrono la religiosa congolese si sarebbe “fregiata” nella presentazione del suo nuovo ordine, sottolinea “che nessun atto ufficiale di questa diocesi ha eretto, approvato o riconosciuto una tale Associazione o Fraternità”;

la “religiosa” era presente, come si legge nel comunicato sul sito della CAI, come referente dell’associazione “Cinque Pani” sul volo di Stato con cui il 28 maggio 2014 sono giunti in Italia i 31 bambini le cui procedure di adozione erano bloccate da 7 mesi in Congo;

gli ultimi eventi rischiano di compromettere in maniera ancora più vistosa le delicate relazioni diplomatiche tra Roma e Kinshasa segnatamente alla luce del quasi biennale fermo delle adozioni che attualmente vede ancora almeno 100 famiglie italiane, le cui procedure sono perlopiù concluse, in attesa di ricongiungersi ai propri bambini;

la presunta opacità riscontrata nel modus operandi della CAI in Congo sembra accostarsi ad ulteriori criticità che attualmente condizionano il comparto delle adozioni internazionali nel nostro Paese dove, a fronte di un numero crescente di famiglie richiedenti, le procedure concluse appaiono in netta riduzione per ragioni di natura burocratica e di criticità nei rapporti con i Paesi di provenienza dei minori,

si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza degli eventi illustrati in premessa;

se si ritenga opportuno avviare adeguate verifiche tese ad approfondire quanto denunciato dalle autorità congolesi in riferimento a quanto operato dalla Commissione adozioni internazionali italiana, sia per quanto riguarda le reali dinamiche che hanno caratterizzato il trasferimento dei 22 minori sia sul versante della gestione dei dossier giudiziari dei minori le cui procedure sono affidate agli enti italiani;

quali iniziative si intendano avviare al fine di individuare una adeguata soluzione all’impasse che ancora condiziona la gestione delle adozioni internazionali in Congo, segnatamente per quelle famiglie le cui procedure di adozione sono da considerarsi concluse;

quali iniziative infine si intendano avviare laddove fosse confermato che ad opera della Commissione per le adozioni internazionali e dei suoi collaboratori siano state commesse irregolarità e/o violazioni di legge e come si intenda agire al fine di affrontare i danni procurati ai minori ospiti della Casa Famiglia “Ange Gabrielle” traumatizzati per via delle operazioni di trasferimento notturno improvviso come si evince dalle relazioni psicologiche redatte dagli operatori.