Diciamo “no” al ddl Cirinnà. Ma quali sono le alternative per dare una famiglia a tanti bambini abbandonati?

Buonasera Ai.Bi.

Sto seguendo con interesse il dibattito sulle unioni civili, che in questo periodo sta animando non solo il mondo politico, ma direi tutta la società civile. Consultando il vostro sito, ho notato che anche voi, come associazione che si occupa di adozioni, avete preso una posizione netta e, nello specifico, contraria al ddl Cirinnà che propone la regolamentazione delle unioni civili, anche omosessuali. L’ipotesi iniziale di concedere l’adozione anche alle coppie gay è stata sostituita con la stepchild adoption che di sicuro restringe un po’ la possibilità, per due partner omosessuali, di diventare genitori di un bambino. Devo ammettere che l’idea non mi piace, ma credo che la priorità sia quella di assicurare amore, una casa, un futuro ai bambini orfani e abbandonati. Cose che questi non possono trovare in istituto. Va bene dire “no” all’adozione per le coppie gay, ma quale potrebbe essere secondo voi una valida alternativa?

Grazie

Valeria

 

griffini400x286Buongiorno Valeria,

a nostro parere la stepchild adoption non risolve affatto il problema della concessione alle coppie omosessuali della possibilità di adottare un bambino. Essa, infatti, concede l’adozione del figlio del partner e, di fatto, apre la strada al ricorso alla disumana pratica dell’utero in affitto. Andando, quindi, esattamente nella direzione opposta rispetto a quella che dovrebbe garantire ai bambini il diritto ad avere un papà e una mamma.

Nel dibattito politico sono state proposte poi diverse alternative. Una di queste è l’affido rinforzato, ma anche in questo caso le contraddizioni giuridiche sono evidenti. L’affido è una soluzione transitoria e riguarda minori che hanno alle spalle una situazione familiare problematica. Con la sua formula “rinforzata”, invece, si finirebbe per regolamentare l’affido sine die e si creerebbe solo ulteriore confusione tra affido e adozione, privando i minori oggetto del provvedimento di qualsiasi garanzia sulla continuità affettiva.

Anche la proposta di concedere l’adozione alle unioni civili dopo due anni di verifica preadottiva, con la decisione finale da parte di un giudice, lascerebbe inalterate tutte le contraddizioni giuridiche e i dubbi sostanziali della stepchild adoption “prima maniera” e si concluderebbe in ogni caso con un’adozione non legittimante.

Un’altra proposta consisterebbe nel lasciare al giudice la valutazione volta per volta. In assenza di linee generali, tuttavia, troppi giudici potrebbero avere la tentazione di trasformarsi in legislatori.

Nessuna di queste presunte soluzioni, quindi, andrebbe incontro agli interessi dei minori, ma solo a quelli degli adulti. È vero però che tanti, troppi bambini rimangono in stato di abbandono e non trovano chi li accolga. L’unica soluzione a questo dramma consiste nel risollevare le sorti dell’adozione, sia nazionale che internazionale. Una banca dati dei minori adottabili in Italia e una profonda riforma dell’adozione internazionale – in termini di costi, tempi, burocrazia, trasparenza – sono passi fondamentali da compiere in questa direzione: gli unici che vadano davvero incontro al superiore interesse del minore.

Stralciare quindi il capitolo adozioni della legge sulle unioni civili e procedere a una riforma della legge 184/1983 con la preoccupazione reale di mettere i bambini al primo posto: ecco ciò che si dovrebbe fare per dare davvero un futuro a tanti bambini abbandonati.

Un caro saluto,

 

Marco Griffini

Presidente di Ai.Bi.