Equa, familiare e incoraggiata dallo Stato: ecco perché l’accoglienza tedesca è l’esempio da seguire

accoglienza germania“Germania, Germania” gridano da giorni le migliaia di profughi siriani stipate nella stazione di Budapest. Ne hanno ben ragione: Berlino, infatti, si è impegnata ad accogliere 800mila rifugiati provenienti dal Paese asiatico, martoriato da 4 anni di guerra civile. Una cifra pari all’1% della popolazione tedesca e a 4 volte quella dei migranti accolti nel 2014. Le autorità ungheresi non li fanno passare, non li vogliono e arrivano a chiudere la stazione della capitale, dopo aver costruito una barriera di filo spinato lungo il confine con la Serbia. Ma i siriani insistono: vogliono andare in Germania, soprattutto in Baviera. Un sogno alimentato dalle recenti parole della cancelliera Merkel, che ha annunciato l’apertura delle frontiere proprio a chi arriva dalla Siria, e dal sistema di accoglienza tedesco. Un sistema già ampiamente collaudato nei decenni scorsi e in grado di assicurare un’equa distribuzione dei profughi nei 16 Lander che compongono la Repubblica Federale, ma soprattutto una dignità e un calore che altrove, Italia compresa, i rifugiati faticano a trovare, ammassati come sono nei centri di accoglienza perennemente al collasso.

Dal 2014, infatti, in Germania è attivo un sistema basato sull’ospitalità familiare dei migranti. Ruota attorno a un sito web, “Refugee Welcome”, ideato da due giovani berlinesi che, durante un viaggio al Cairo, si sono resi conto del degrado sociale di molti cittadini egiziani, costretti a emigrare in Europa per trovare condizioni di vita dignitose. L’obiettivo del portale è raccogliere la disponibilità da parte di cittadini tedeschi ad accogliere in casa loro dei rifugiati. In pochi mesi già 780 tedeschi hanno messo a disposizione una stanza e 107 profughi hanno trovato ospitalità presso di loro. A differenza di quanto accade in Italia, in Germania questa forma di accoglienza è incoraggiata dallo Stato: i governi locali delle regioni autonome, infatti, forniscono una forma di sussidio, parti a circa 300 euro mensili, a chi accoglie un profugo a casa propria.

Inoltre, fin dagli anni 50, il Paese si è dimostrato in grado di distribuire con metodicità gli immigrati sul suo territorio, evitando la formazione di ghetti e investendo i 16 Lander di un’equa responsabilità. A garantire l’equilibrio, in questo caso, è una sorta di chiave di ripartizione basata su 2 fattori: la popolazione della regione e le sue entrate fiscali. Le regioni più ricche e popolose devono sopportare l’onere maggiore nell’accogliere nuovi stranieri.

L’efficacia di questo sistema è evidente. In alcuni decenni la Germania ha integrato milioni di turchi. Nel solo 2014 ha concesso l’asilo 47.555 persone (più di Italia e Francia messe insieme) e nel primo trimestre 2015 ha ricevuto altre 73.120 richieste, il 32% in più rispetto al periodo ottobre-dicembre 2014.

Anche l’atteggiamento della società civile è favorevole all’accoglienza. Il 60% dei tedeschi, secondo il settimanale “Der Spiegel”, ritiene “gestibile” l’arrivo in massa dei profughi. Un’ondata senza precedenza che in Germania viene percepita come “un peso ma anche una possibilità di creare un Paese più cosmopolita e generoso”. L’economia e la società stesse hanno bisogno dei migranti: si è calcolato che la Germania deve accogliere almeno 300mila immigrati per evitare un forte invecchiamento della popolazione.

Per questo non c’è città tedesca in cui non sia attivo almeno un progetto che miri all’integrazione dei migranti. A Erlange, in Baviera, per esempio, un gruppo di aziende ha costituito un consorzio per garantire l’accesso gratuito a Internet per gli stranieri che così, recandosi in alcuni caffè, possono mantenere i contatti con i propri familiari. A Rostock, importante città portuale sul Baltico, l’associazione “Ti ricordi il 1945?” ha creato una rete di aiuti e sostegno per armeni, afghani ed eritrei finalizzata al loro inserimento lavorativo. A Gottinga, invece, sono stati inaugurati 80 “Giardini internazionali” per l’interscambio con mediatori culturali e altri 60 sono in fase di realizzazione. Tutti esempi che dimostrano come l’accoglienza non sia un’impresa impossibile: basta applicare un sistema semplice, fondato sull’ospitalità di piccoli gruppi, sulla ricchezza sociale e lo scambio di culture.

 

Fonti: Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Sonda.life, Il Sole 24 Ore