Festival di Sanremo. Grande successo per Nino Frassica sul palco dell’Ariston. Con “A ‘Mare si Gioca’ sostiene la campagna Bambini in Alto Mare promossa da Ai.Bi.

frassicaCome si spiega a un bambino la tragedia degli esseri umani che ogni giorno perdono la vita nel Mar Mediterraneo? Da questa domanda a cui nessuno vorrebbe rispondere parte l’idea di “A mare si gioca” (una produzione Art Show, edizioni Sugarmusic) dolceamara favola in musica scritta da Tony Canto (autore per Mannarino, Nina Zilli e Patrizia Laquidara fra gli altri) e interpretata ieri sera, 11 febbraio, sul palco dell’Ariston nel corso della 66/ma edizione  di Sanremo, dall’attore e comico Nino Frassica.

La poesia di Canto e di Frassica imprime alla cronaca una metamorfosi che riflette il paradosso per cui un luogo di vita, gioia e divertimento come il mare diventa teatro di morte: i contorni della storia di Aylan, giovanissima vittima delle migrazioni e triste icona delle morti nel Mediterraneo, si riflettono in una fiaba che rimanda a quel modo di presentare il dramma con la fantasia che Roberto Benigni utilizzò con maestria ne “La vita è bella”.

Il brano “A mare si gioca” promuove la Campagna Bambini in Alto Mare di Ai.Bi., Amici dei Bambini impegnata in Italia e in Siria a sostenere concretamente coloro che in questo dramma sono i più deboli, fragili e indifesi: i bambini e le loro famiglie. In Siria a causa della guerra ogni 60 secondi una famiglia è costretta a lasciare la propria casa e attraversare il mare. Un ritmo impressionante di 9.500 sfollati al giorno, di cui il 50% sono bambini.

Amici dei Bambini sostiene il loro desiderio di restare nella terra che amano aiutando le famiglie in difficoltà nell’area di Idlib con la distribuzione di ceste alimentari gratuite e la realizzazione di forni per la distribuzione del pane. In Italia il progetto prevede, invece, la creazione di Case di Accoglienza per famiglie con bambini piccoli e Minori Stranieri Non Accompagnati.  Per sostenere la Campagna  Bambini in Alto Mare.

Nel brano, la fantasia va ancora più lontano, e così le 366 persone annegate al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013 tramutano in altrettanti delfini nei versi che ricordano la poesia di Ovidio, mentre le istantanee di un mondo immaginario danno conto delle ragioni dei migranti in fuga verso l’Europa.

Sopra note delicate e squillanti che richiamano il folk mediterraneo e il sirtaki, Nino Frassica prova a parlare ai bambini con le loro parole, guardando alla storia con i loro occhi, per spiegare l’inspiegabile anche a sé stesso e agli adulti. “Niente retorica, perché i bambini della retorica non se ne fanno niente, ma piuttosto poesia e invenzione che trasfigurano la tragedia dandole un valore universale”, dice a questo proposito l’autore Tony Canto. “Ho sentito la canzone subito nelle mie corde – spiega l’interprete Nino Frassica – perché si racconta e si spiega un dramma con il grande potere della fantasia e del sorriso”.

Solo una favola, benché amara, può elaborare il senso di un dramma quotidiano che sconvolge mettendo in dubbio certezze date per universali come il fatto che “A mare si gioca”. E solo il tocco surreale e innocente di Frassica può mettere in scena tutte le contraddizioni con la vitalità di un affresco: sulla spiaggia si costruiscono castelli di sabbia, fra le onde ci si tuffa, circondati da un mondo animale che volteggiando nei cieli e tra i flutti inneggia alla vita. Che sia a Lampedusa e nei pressi di una Sicilia che è porta dell’Europa, o sulle spiagge della Turchia da cui in molti partono con coraggio, la poesia di “A mare si gioca” avvicina popoli e generazioni nel nome della speranza, e il racconto di un autore siciliano e di un interprete siciliano parla così a tutti quanti con un senso dell’umanità fresco come una brezza marina.

La canzone è accompagnata da un videoclip dal quale emergono altri temi: Nino Frassica idealmente diventa padre di tutti i bambini, dimostrando come nella tragedia ciascuno può avvertire un legame quasi genitoriale con le piccole vittime. Il regista nel video ha voluto esplicitamente allontanarsi visivamente dai luoghi della tragedia per narrare semplicemente quello che un bimbo dovrebbe fare nella vita: giocare.