Gli effetti negativi del lockdown. Bambini più dipendenti dai loro genitori

Coronavirus e infanzia: danni importanti per la socialità dei più piccoli. Lo sostiene lo psicoanalista Massimo Ammaniti

Tra i vari danni ed effetti negativi che il lockdown per l’emergenza Coronavirus della scorsa primavera ha procurato ai bambini, privati della scuola e degli amici per mesi e costretti a vivere rinchiusi in casa, c’è anche quello di una maggiore dipendenza dai genitori. Lo sostiene, nel suo saggio edito dalle edizioni Solferino “E poi, i bambini. I nostri figli al tempo del Coronavirus”, lo psicoanalista dell’età evolutiva Massimo Ammaniti. I bambini italiani hanno visto, la scorsa primavera, la loro quotidianità stravolta. E non sono mancate solo le abitudini, ma, nelle loro esistenze, ha fatto irruzione anche la paura: la paura per quella malattia di cui tutti i telegiornali e le radio parlavano; la paura per quel virus terribile che si portava via o rischiava di portarsi via nonni e genitori. Paure e timori che i bambini faticano a comunicare, soprattutto quando avvertono dello stress in famiglia.

Effetti negativi del lockdown sui bambini: risucchiati dalla famiglia

La famiglia da cui, in questa situazione, sono stati risucchiati. “Si è creato – spiega Ammaniti – uno strano paradosso: la maggiore presenza dei genitori accresce nei bambini, che fino a qualche mese fa erano abituati a essere più autonomi, andando al nido o a scuola, il bisogno di mamma e papà e attiva dei comportamenti di dipendenza”. Dipendenza che non è stata certamente levigata dalla didattica a distanza o dalla dipendenza (ulteriore) da videogiochi e computer. Anzi. Nel saggio si cita un’espressione dello psicanalista Donald Winnicott: “sentirsi soli in presenza degli altri”. Ebbene esattamente questo è accaduto ai bimbi italiani, ma anche agli adolescenti, privati di quella scansione degli spazi che è una fonte rassicurante di certezze.

Effetti negativi del lockdown sui bambini: la scuola

Il tema delle scuole, chiuse e destinate a riaprire solamente nel prossimo mese di settembre, ha avuto un ruolo non indifferente. “Non c’è – dice Ammaniti – solo l’intelligenza razionale o del pensiero matematico, ma anche quella emotiva, che aiuta a riconoscere le proprie emozioni in rapporto a se stessi e nella comprensione degli altri”. Comprensione degli altri che, mancando un confronto con i propri coetanei e gli estranei rispetto al nucleo famigliare, come gli insegnanti, è venuta meno. La didattica a distanza, poi, ha accresciuto il senso di malessere per il cosiddetto ‘divario digitale’, che colpisce soprattutto le famiglie economicamente svantaggiate: quelli che di solito (…) vivono in situazioni di maggiore difficoltà economica e che non trovano in famiglia possibilità di compensazione”.

La speranza, ora, è che la Fase 3, e quello che ne conseguirà dopo l’estate, possano riportare in questa generazione traumatizzata un po’ di pace e recupero della normalità. Naturalmente l’impegno delle istituzioni, purtroppo latente per gran parte dell’emergenza, non può in alcun modo venire meno. I bambini sono il futuro del Paese. E, di futuro, l’Italia ha tanto bisogno.