“I servizi sociali, spesso, ti provocano”

Anna scrive:
I servizi sociali spesso provocano, senza mezzi termini. Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione. Amare come uno dei loro figli un bambino che non risponde a certi “requisiti” non è sempre facile, quindi scoraggiano per essere sicuri che ci abbiano pensato bene.
Servono non sterili e brevi colloqui per appurare la questione, ma un monitoraggio intenso all’interno della famiglia. Ma non ci sono fondi per fare questo, quindi, finché di coppie aspiranti all’adozione ce ne sono ancora, puntano su quelle “più semplici da trattare lavorativamente parlando”, temo… Se fossero più vicini alla realtà degli istituti nel mondo, come lo sono gli enti, farebbero un miglior lavoro…

Cara Anna,

la questione è ben precisa. Se io come coppia decido in piena consapevolezza di adottare un bambino o una bambina non nati da me, non si capisce perché i servizi sociali debbano pormi tutta una serie di difficoltà.

Giusto è mettere la coppia davanti alla realtà delle cose, e giusto è farla riflettere e ponderare quello che sta facendo. Ma altro è prendere decisioni al posto mio.

Siamo d’accordo sul fatto che, se gli operatori ricevessero una formazione specifica sul campo, il lavoro dei servizi sociali ne uscirebbe migliorato e più funzionale. È fuori discussione che per tutti i bambini adottati la strada sarà in salita rispetto a qualsiasi figlio biologico, dato che il loro punto di partenza è diverso: la condizione di abbandono. Ma non per questo è detto che mio figlio adottivo dovrà per forza avere o procurare più difficoltà di un figlio biologico.

Perciò nessun operatore è giustificato a scoraggiare la coppia. Il vero bisogno della coppia è dotarsi di una seria progettualità genitoriale, che va rispettata in termini professionali. Un supporto che non si traduca in semplice assistenza o in sostegno, ma che venga applicato in un percorso continuo.

Irene Bertuzzi, area Formazione e Accompagnamento di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini