La depressione post partum è un motivo sufficiente per finire in Comunità mamma-bambino?

Salve,

vorrei sapere cosa si intende per gravi motivi di allontanamento dei genitori perché a me è successo questo. Sono un padre di 35 anni, 3 mesi fa circa è nato mio figlio, la mia compagna, laureata in psicologia, ha avuto durante il parto una situazione di disagio psicologico dovuta allo stress del parto (in pratica una sorta di violenza verbale nei miei confronti) evidenziato dall’ospedale come quadro psico-patologico e successivamente segnalato al Tribunale per i Minorenni. Questo ha determinato l’immissione della madre in struttura Mamma-Bambino. Io invece posso vedere mio figlio due volte alla settimana per un totale di 2 ore. In ospedale avevano detto che se la madre avesse svolto il percorso, nel giro di un mese sarebbe uscita dalla comunità. Ad oggi sono passati due mesi e ancora nulla. Anzi, io devo partecipare a dei colloqui con lo psicologo per verificare le mie competenze genitoriali. Intanto i servizi sociali e il giudice dicono che devono fare relazioni, ma ritengo che la nostra situazione sia a posto. Abbiamo entrambi un lavoro, la casa e anche due nonni paterni molto disponibili ad accogliere il bambino qualora sia necessario. Questo silenzio da parte delle istituzioni ci uccide: non si scandalizzino poi se qualcuno, mamma o papà che sia, alla fine commette una pazzia…

Tommy

 

valentina brescianiGentile Tommy,

comprendiamo il suo senso d’impotenza. Ma per quello che è la nostra esperienza, un collocamento in comunità Mamma-bambino non è un provvedimento che viene preso a cuor leggero. Difficile immaginare che una decisione simile venga stabilita solo perché una partoriente durante il parto inveisce verso il padre del bambino. Situazione non ‘cinematografica’, ma assai più frequente di quel che si possa pensare.

Di certo una diagnosi di depressione post- partum patologica rientra tra le ragioni valide di inserimento di una donna con il suo bambino in comunità protetta. E poco conta essere laureate o analfabete. La depressione dopo il parto può colpire chiunque. Ma certo avere una formazione universitaria anche specifica potrà aiutare la sua compagna a intraprendere il percorso con maggior consapevolezza. L’obiettivo dell’inserimento in Comunità è sostenere la puerpera nel suo nuovo ruolo di madre, offrendole strumenti opportuni per fortificarsi come donna e come mamma. Ogni comunità è gestita da personale specializzato che ha il compito di osservare e accompagnare la mamma con il suo bambino lungo il percorso di comunità e portare il nucleo a quella che è la conclusione del progetto, cioè l’autonomia e il rientro a casa, tutto in accordo con il servizio sociale di riferimento. Purtroppo non esiste una scadenzario predeterminato. Ciascuna utente ha i suoi tempi, che non possono essere accelerati e forzati.

Certo, non è facile dover limitare la sua paternità a due ore a settimana, ma provi a accettare questa situazione come un’opportunità di crescita sua personale, nonché di conoscenza di coppia. Sarà di supporto alla sua compagna, se avrà  lei per primo la certezza che dopo le difficoltà la Sua famiglia ne uscirà più forte e serena.

Nella Sua provocazione finale si legge tutta la rabbia per quanto sta vivendo. Quello che possiamo consigliarle, se non l’ha già fatto, è di rivolgersi anche a un avvocato e affidare al professionista la vostra situazione.

Tanti cari auguri,

Valentina Bresciani

Settore Affido di Ai.Bi.