L’adozione non diventi un privilegio per pochi

congo11La necessità avvertita da alcune famiglie la cui adozione nella Repubblica Democratica del Congo è bloccata da quasi due anni di far sentire forte la propria voce testimonia la situazione di estremo disagio in cui si trova oggi l’adozione internazionale: una forma di accoglienza in crisi, che pare essere “passata di moda” e per la quale manca un segnale chiaro e forte di impegno da parte della politica. Ne parla il giornalista Gerolamo Fazzini in questo editoriale, che riportiamo integralmente, pubblicato venerdì 7 agosto sul quotidiano “Avvenire”.

 

Quando, nel maggio del 2014, arrivarono finalmente in Italia – dopo un’odissea di vari mesi – 31 bambini adottati da famiglie italiane in Congo, giornali e tv si scatenarono. E la foto del ministro Maria Elena Boschi con in braccio i piccoli africani fece versare qualche lacrima a molti. A un anno e mezzo di distanza, però, la situazione non è cambiata. Le 130 famiglie che hanno adottato (per ora soltanto sulla carta) i bambini congolesi ancora stanno aspettando risposte che non arrivano, mentre i piccoli restano bloccati nel loro Paese d’origine. Una ventina di queste famiglie, l’altro ieri, ha alzato la voce esprimendo tutto il proprio disagio. Ma l’eco mediatica dell’iniziativa è solo una pallidissima copia di quanto accaduto l’anno passato.

La domanda diventa ineludibile: non è che oggi l’adozione internazionale sia “passata di moda”, diventando affare di pochi? Il sospetto viene dai numeri e, insieme, dalla percezione diffusa di un cambiamento di “clima”. I dati dicono che le adozioni internazionali stanno crollando. Tra il 2004 e il 2013 il numero è diminuito di ben due terzi (da 42.194 a 15.188). In Italia parliamo di un -17%, ben lontano dall’apocalittico -79% della Spagna o del 67% in Francia, ma pur sempre preoccupante. Certo, va tenuto conto – in positivo – del diffondersi della cultura dell’adozione anche nel Sud del mondo e del miglioramento del tenore di vita nei Paesi di provenienza dei bambini, con il conseguente calo del numero dei minori adottabili. Senz’altro hanno pure influito (ed è un bene che sia accaduto) i requisiti più severi per gli aspiranti genitori adottivi in Cina o le moratorie sulle adozioni internazionali decise da alcuni Paesi per bloccare il traffico di minori.

Ma rimane il fatto che le procedure burocratiche sono ancora troppo contorte (e costose), tali da scoraggiare molti dall’intraprendere l’avventura umana dell’adozione internazionale. A livello politico, infine, manca un segnale chiaro e forte di attenzione concreta a quella che potrebbe diventare per tanti una modalità diversa di essere genitori, ma che oggi rischia purtroppo di trasformarsi in un privilegio per pochi.