Lazio: sono oltre 1.700 i minori in fuga dalla famiglia

Sono oltre 1.700 i ragazzi in fuga dalla famiglia nel Lazio che hanno trovato rifugio nelle 233 comunità educative attive nella regione. Si tratta per lo più di maschi, di età compresa tra i 13 e i 17 anni e uno su quattro è arrivato in una struttura residenziale perché la sua è una famiglia “a rischio” e i suoi genitori hanno dei comportamenti “fortemente dannosi” per la sua salute psicofisica.
Questi alcuni dei dati, relativi al secondo semestre 2009, raccolti nel Report “I minori presenti nelle strutture residenziali del Lazio”, presentato il 30 marzo dal garante dell’Infanzia e dell’adolescenza, Francesco Alvaro, e dal presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese.

Non va meglio agli altri ospiti, visto che, esclusi i 450 minori stranieri non accompagnati, nel 20% dei casi i ragazzi provengono da una situazione di “deprivazione sociale”, con condizioni di vita precarie, mentre per 169 di loro l’ingresso nella struttura si è reso necessario in quanto completamente privi di supporto familiare.

La maggior parte dei ragazzi, oltre mille, si trova nelle strutture della capitale, mentre, tra i paesi di provenienza dei minori stranieri, spiccano Egitto, Afghanistan e Bangladesh. Soddisfatto il presidente Abbruzzese: «Più che lavorare per realizzare altre strutture, nel Lazio ce ne sono infatti diverse ancora non occupate, dobbiamo migliorare la qualità del servizio a favore di questi giovani».

“Il report– spiega il garante dell’infanzia Francesco Alvaro- rappresenta ormai lo strumento che consente all’ufficio del garante di monitorare con una certa frequenza, almeno una volta l’anno, la condizione dei minori fuori della famiglia ed ospitati nelle comunita’ educative che operano nella nostra regione. Come e’ riscontrabile, non si tratta di una mera esposizione quantitativa di una modalita’ di intervento che le istituzioni attivano a favore di soggetti minori. Si tratta sostanzialmente di farsi carico di una serie di indicatori di qualita’ che riguardano la condizione individuale le prospettive di crescita e di autonomia e le relazioni esistenti tra i minori e le famiglie di origine”.

“Questa conoscenza e’ indispensabile per poter riflettere seriamente sui modelli di accoglienza e sulle procedure che si attivano per intervenire a favore dei minori. Si tratta, di fatto- continua Alvaro– di mettere in evidenza, alcune situazioni che meritano un ulteriore approfondimento da parte delle istituzioni, magistratura minorile compresa, riguardo alle lunghe presenze in comunita’, alle motivazioni dell’intervento ed alle concrete prospettive di reintegro”.

(Fonte: Agenzia Dire 30/3/2011)