Le adozioni internazionali e i “signori” della Regione Lazio: ecco perché si allontana la gratuità. Chi crede più al servizio pubblico?

Quanti benefici potremmo realizzare in Italia se i funzionari e i politici locali iniziassero a razionalizzare l’impiego di denaro pubblico, anziché spendere e spandere o, peggio ancora, stornare riserve con il solo risultato di coprirsi di ridicolo?

Ad essere rivelatore di quante risorse di denaro pubblico siano mal risposte e peggio utilizzate è l’ultimo scandalo, ancora fresco di cronaca, che ha colpito i cittadini della Regione Lazio. Una ruberia capace di prosciugare 21 milioni di euro di finanziamenti tra il 2011 e i primi sette mesi del 2012: 100mila euro al mese a consigliere regionale.

Guardiamo alla crisi delle adozioni internazionali e lanciamo una provocazione. Stando ai dati diffusi dai media nazionali, con il totale annuo dei soldi percepibili da un Consigliere regionale del Lazio grazie a questa illecita modalità – tra i 180 e 185mila euro – quante adozioni internazionali si sarebbero portate a termine (tenendo conto che il Consiglio conta, in totale, 70 membri)?

Basterebbe provare a fare un calcolo stando alla cifra complessiva dei fondi illecitamente spartiti, 21 milioni di euro: il risultato è che si sarebbero potute svolgere, negli ultimi 19 mesi, più di 1000 adozioni internazionali.

La Regione Lazio ha persino avuto l’idea di aprire un superfluo sportello per le adozioni internazionali, scommettendo su un cavallo sbagliato, quello del supporto formativo di un ente pubblico per l’adozione internazionale come l’Agenzia ARAI Piemonte, dichiarata “esempio da non imitare” da strutture analoghe presenti nello stesso settore pubblico. In barba ai virtuosi modelli di servizio integrato privato-pubblico (come Veneto e Sardegna) e agli stessi enti autorizzati presenti nel Lazio.

Tutto da rifare, nel Lazio. Forse non erano sufficienti gli scandali che hanno testimoniato altre tracimazioni di finanziamenti pubblici: fughe di tesorieri di partito scappati col malloppo (il caso Lusi per l’ex-Margherita e l’episodio di Belsito per LegaNord). Peccato che, nel frattempo, nessuno si accorge di un imperativo categorico, l’emergenza costituita da milioni di minori abbandonati (168 milioni secondo l’Unicef). Il nostro è “un Paese debole”, e ora ne abbiamo le prove.