La corsa agli sprechi dell’adozione internazionale, è la volta della Regione Lazio: aprire uno sportello inutile

Nel Lazio ci sono ben 30 enti autorizzati con le loro relative sedi: ebbene, secondo i responsabili dell’ente Regione non bastano. Hanno così pensato di sprecare un po’ di soldi e di aprire uno sportello pubblico per l’adozione internazionale in convenzione – addirittura – con l’ente pubblico piemontese ARAI, definito dallo stesso settore pubblico come «un modello da non imitare». L’annuncio è stato dato dalla presidente della Regione Renata Polverini e dall’assessore Aldo Forte il 9 luglio. Ebbene, si tratta di un tremendo spreco. Ma procediamo con ordine.

C’era una volta il Protocollo della Regione Lazio. C’erano il Tribunale, c’erano i Gruppi Integrati di Lavoro, c’erano le associazioni familiari. E c’erano gli Enti Autorizzati.
Il Protocollo è un modus operandi codificato “per la collaborazione tra servizi territoriali, enti autorizzati e tribunale per i minorenni, in materia di adozione nazionale ed internazionale, con la partecipazione delle associazioni familiari”.
C’era poi la firma della Regione e del Tribunale, la presentazione del Protocollo con conseguente approvazione, seppur con qualche riserva, di alcuni Enti autorizzati.
Dopo anni e anni di lavoro c’era finalmente la speranza di vedere concretamente realizzata la “rete integrata di servizi per le adozioni (…), il potenziamento della rete dei servizi, dell’efficacia degli interventi, nonché della sinergia tra rete formale ed informale al servizio della cittadinanza e con riferimento sia all’adozione nazionale che a quella internazionale”.

Tutto questo a settembre 2011. I mesi passano senza che si riunisca il Comitato tecnico previsto dal Protocollo. Gli Enti autorizzati di buona volontà intanto si riuniscono e si confrontano con i Gruppi Integrati di Lavoro. Ma la Regione decide di avvalersi dell’esperienza dell’ente ARAI, Agenzia regionale per le adozioni internazionali, con cui ha stilato una Convenzione che testualmente recita: “La Regione Piemonte gestirà i rapporti con la Commissione per le Adozioni internazionali, con le autorità straniere e si occuperà del coordinamento generale dei viaggi delle coppie nei Paesi esteri e dell’assistenza in loco” (fonte http://www.regione.lazio.it/prtl_socialelazio/?vw=newsdettaglio&id=154).

L’ARAI porterà il suo contributo con un lavoro di durata quinquennale. Ancora testualmente: “La convenzione, di durata quinquennale, impegna la Regione Piemonte a fornire al personale della Regione Lazio il proprio know how per lo svolgimento all’estero delle pratiche di adozione internazionale”.

Che sia una la strada che porterà all’istituzione di un’agenzia per le adozioni anche nella Regione Lazio? Se l’agenzia diverrà essa stessa Ente autorizzato, sulla scia di quanto accade in Piemonte, si tratterebbe di un ennesimo spreco di denaro pubblico vista la precarietà di cui analoghi servizi soffrono per penuria di risorse e di mezzi.

La questione è nient’affatto oziosa: nel Lazio vive il maggior numero di coppie adottive, seconde solo a quelle della Lombardia, che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di bambini adottati: sono state 331 nel 2011, addirittura più delle coppie venete. In uno scenario storicamente avviato e con trenta enti autorizzati già territorialmente operativi – alcuni dei quali da 30 anni – di un ente in più non se ne sente davvero il bisogno.