Le mascherine più odiate dagli studenti. E le famiglie comprano quelle giuste

Milioni di mascherine rimangono inutilizzate: sono quelle “a mutanda” distribuite alle scuole. Che nessuno vuole mettere preferendo comprarne altre di tasca propria

Sembra passato un secolo, ma meno di due anni fa, all’inizio della pandemia, uno dei problemi principali per tutti era riuscire a trovare delle mascherine, tanto che ci sono state aziende che si sono convertite apposta alla produzione di questi dispositivi.
Oggi le mascherine, per fortuna, non sono assolutamente più un problema. Anzi… si è caduti nell’eccesso opposto: ci sono milioni di mascherine che giacciono inutilizzate.

Le mascherine “a mutanda” che nessuno studente vuole indossare

Si tratta delle mascherine che dallo scorso settembre lo stato fornisce a tutte le scuole. Un’iniziativa meritoria, lanciata dall’allora ministra Azzolina e che, secondo gli ultimi dati riportati da Il Post, ha portato alla distribuzione di 1,8 miliardi di dispositivi. Dove sta il problema, dunque? Sta nel fatto che il modello scelto è quello che gli studenti hanno subito definito “a mutanda”, per via della loro forma, della fascia elastica scomoda e da infilare nella testa e non dietro le orecchie, e il più delle volte della misura sbagliata: o troppo grande o troppo piccola.
Risultato: gli scatoloni che ancora oggi vengono regolarmente consegnati rimangono in qualche aula o nei magazzini degli istituti, mentre le famiglie provvedono di tasca propria a comprare le mascherine chirurgiche per i propri figli.

Le buone intenzioni e le scelte poco lungimiranti

Non è una notizia certo drammatica, nel quadro della pandemia, è però indicativa di come tante volte alcune scelte risultino essere diseconomiche per tutti: per lo stato, che si fa carico della produzione e la distribuzione di qualcosa che non viene utilizzato, e per le famiglie, che si ritrovano comunque a dover provvedere di tasca propria all’acquisto di dispositivi alternativi.
Sempre Il Post riporta una ricostruzione del Fatto Quotidiano del maggio scorso che aveva messo in luce come interrompere la produzione non sarebbe stato possibile, visto che i contratti sottoscritti dall’allora commissario per l’emergenza Arcuri “prevedevano il comodato d’uso di alcuni macchinari negli stabilimenti di FCA e fermare tutto sarebbe costato più di un milione di euro”.
Quindi: avanti con le mascherine “a mutanda”, che rimangono negli scatoloni, e avanti con le famiglie di corsa la domenica sera al supermercato perché sono finite le mascherine “mettibili” dai figli il giorno dopo a scuola.