“Non basta essere una coppia innamorata per essere genitori adottivi…”

Maria scrive:
Non basta essere una coppia innamorata e con un buon reddito per essere genitori, tantomeno genitori adottivi. Certo, ci sono servizi che il loro lavoro non lo fanno bene così come servizi che invece lo fanno egregiamente… Ma proprio su questo si dovrebbe lavorare, su una uniformità, su un controllo dell’operato dei servizi, su una loro efficienza.
Inorridisco all’idea dell’abolizione dell’idoneità… Guardate già quanti fallimenti adottivi ci sono… La scelta di diventare genitori tramite l’adozione deve essere una scelta profondamente radicata. Se di questo non si è più che convinti, beh, il cammino sarà molto difficile, se non impossibile, e chi ci rimetterà sarà un bambino innocente. E quindi ben vengano certe inidoneità.

Cara Maria,

il suo commento ci dà occasione di soffermarci su un aspetto dell’adozione internazionale che abbiamo molto a cuore.

È l’idoneità. La nostra proposta di introdurre anche in Italia una procedura di tipo amministrativo ha suscitato, oltre a un certo scalpore nel mondo giudiziario, un vasto dibattito nell’opinione pubblica che consideriamo meritato. Con questa forma di idoneità infatti riusciremmo ad alleggerire le spese dell’iter adottivo e a snellirne le lungaggini burocratiche, a tutto vantaggio delle famiglie. Come dappertutto in Europa si fa.

Ancor più importante, ciò che ha sollevato grandi discussioni è la nostra proposta riguardante il riconoscimento dell’idoneità. La nostra posizione è che una coppia sia idonea nel momento stesso in cui concepisce il progetto di adottare un figlio non suo.

Ma, attenzione: la nostra non deve suonare come una proposta di introdurre nel Paese una sorta di idoneità «informale», secondo cui qualsiasi coppia va bene purché voglia adottare. È ben diverso: le risorse vanno attentamente formate e valorizzate. La nostra proposta si accompagna infatti a una denuncia ben precisa: oggi l’emissione dell’idoneità è fin troppo legata a procedimenti puramente formali, tanto da risultare inadeguati e meccanici. Occorre introdurre un concetto di «idoneità sostanziale», molto diversa dall’idoneità puramente formale perseguita da tribunali e servizi sociali.

Siamo invece d’accordo sul fatto che le procedure vadano uniformate a livello nazionale e anzi promuoviamo – unici in Italia – la riduzione dei colloqui con i servizi a un massimo di tre a coppia. Lo dichiara il nostro Manifesto. Per quanto riguarda i fallimenti adottivi, riteniamo che siano ormai uno spauracchio con il quale si vuole frenare la razionalizzazione dell’adozione internazionale. L’1% dei casi può forse fare testo? Anzi, c’è da riflettere se i cosiddetti fallimenti possano essere frutto proprio di una «cultura della selezione» delle coppie, anziché di una cultura impostata sul loro «accompagnamento» e sulla loro piena preparazione.

Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini