Ora che sono morti i miei genitori adottivi, posso cercare quelli naturali?

Cara Ai.Bi.,

sono un uomo di 59 anni, adottato pochi mesi dopo la nascita perché “una donna che non vuole essere nominata”, così dicono gli atti, mi abbandonò. Vi scrivo per proporvi una mia personale riflessione proprio sul tema, tanto dibattuto, del facilitare o meno la ricerca, da parte dei figli adottivi, delle informazioni relative ai propri genitori biologici.

Se ragionassi in astratto, dovrei affermare che non esiste una motivazione sufficiente a giustificare l’abbandono di un figlio, anche perché non sempre, come spesso riportano le cronache, va a finire bene per il piccolo abbandonato. Ma per valutare dovrei conoscere ogni caso specifico, che è una situazione assolutamente soggettiva.

Premesso ciò, io non ho cercato mia madre biologica finché sono stati vivi i miei stupendi genitori adottivi. Ora potrei decidere di farlo, se fosse ancora possibile. Ma nessuno, al di fuori dell’interessato, in questo caso io, ha alcun diritto di inserirsi dall’esterno in questa ricerca, senza l’espressa volontà dell’unica persona legittimata a fare questa scelta: ovvero il soggetto stesso che è stato abbandonato.

Queste indagini, se non richieste espressamente dall’interessato abbandonato alla nascita, dovrebbero essere impedite dalla legge. La decisione di conoscere i genitori naturali secondo me dovrebbe essere di esclusiva pertinenza di chi ha subito l’abbandono!

Grazie,

Federico

 

 

riccardiCaro Federico,

riguardo a un tema tanto delicato come quello di cui ci scrivi, Amici dei Bambini ha più volte espresso la sua posizione: che è in generale di contrarietà a un facile accesso alle informazioni sulle proprie origini da parte dei figli non riconosciuti alla nascita.

La decisione di non favorire la conoscenza tra il figlio abbandonato e i suoi genitori biologici, però, non tende a tutelare solo i figli, ma anche i genitori, in particolare la madre. Pertanto, secondo noi, è giusto che le indagini sulle origini siano autorizzate da entrambe le parti. Ti spiego perché.

Giustamente, è necessario tutelare il figlio non riconosciuto. Consideriamo il caso in cui questi sia disposto a incontrare sua madre biologica, ma quest’ultima non desidera tale incontro. È facile immaginare quanto debba essere traumatico, in una tale eventualità, per un ragazzo o un adulto sapere di non essere stato accettato alla nascita e scoprire di non venire accolto nel cuore della propria madre neppure molto tempo dopo. Non è assolutamente detto, infatti, che la madre biologica che non ha riconosciuto il figlio alla nascita sia disposta a conoscerlo e ad accettarlo in un secondo momento, anche dopo molti anni, e dopo essersi costruita magari un’altra famiglia non al corrente di quell’abbandono.

Ma è necessario tutelare anche la stessa madre. La legge sulle adozioni (184/1983), all’articolo 7, tutela l’anonimato della madre biologica che, al momento del parto, ha esplicitamente dichiarato di non volere essere nominata. Pensa a che cosa accadrebbe se questo anonimato non fosse garantito e quindi se l’autorizzazione a effettuare indagini sulle origini dipendesse solo dalla scelta di un figlio, senza tenere conto del parere di una madre! Molte donne incinte, probabilmente, temendo che un giorno, anche lontano, sia possibile risalire alla loro identità, opterebbero per l’aborto. O sceglierebbero di abbandonare il neonato, magari in un sacchetto, “buttandolo” nel cassetto della spazzatura o lasciandolo sotto il sedile di un treno.

Per queste ragioni, Ai.Bi. aderisce all’appello lanciato dall’Anfaa (Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie) che sostiene alcuni emendamenti all’art. 7 della L. 184/1983. In particolare quello che prevede che l’accesso alle informazioni sia consentito solo nei confronti della madre biologica che, avendo dichiarato alla nascita di non volere essere nominata, abbia successivamente ritirato tale dichiarazione.

Un caro saluto,

 

Cristina Riccardi

Membro del Consiglio Direttivo di Ai.Bi. e referente politico del settore Affido