Quando è giusto togliere un figlio alla madre?

bambino allontanatoRiportiamo di seguito un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Donna Moderna a firma di Flora Casalinuovo e Lucia Ferrante in cui si affronta il tema dell’allontanamento dei minori dalle famiglie d’origine. Quando questo sia necessario e perché.

Ce lo chiediamo tutti, in questo momento. Di fronte alla tragedia delle tragedie. Quella di una madre, di tante madri che spinte dalla follia o dalla disperazione, arrivano a compiere il più atroce e il più incomprensibile dei gesti: abbandonare tuo figlio. Addirittura oltre. Ucciderlo. Sono storie davanti alle quali è impossibile non domandarsi: quando è giusto togliere uri bimbo ai genitori?

COSA DICE LA LEGGE? Un bimbo ha il diritto di crescere ed essere educato nella sua famiglia: la legge 149 del 2001 parla chiaro. La povertà non è una ragione sufficiente per allontanare il figlio da casa. «Invece, in situazioni di degrado,quando i piccoli subiscono violenze fisiche o psichiche, sono malnutriti, vittime di reati, costretti a vivere con genitori drogati, alcolisti o madri prostitute, interviene il tribunale per i minorenni su segnalazione procura della Repubblica» dice l’avvocato Anna Cortese, esperta dì diritto di famiglia. In questi casi, scatta la separazione temporanea. Secondo la Direzione generale dei ministero del Lavoro e delle politiche sociali, nel 2014 è successo a oltre 29.000 ragazzi: più di 14.000 sono stati accolti in famiglie affidatarie, quasi  15.000 nelle comunità,

CHI DECIDE? «Tutto patte dal tribunale che, allettato dai parenti o dagli insegnanti dei piccoli, stabilisce la non idoneità dei genitori. E dispone che i figli vengano affidati ai servizi sociali» spiega l’avvocato Mula Cortese. «Questo non sempre significa portarli via da casa, a volte possono rimanere con mamma e papà. La decisione spetta al giudice caso per caso. Mentre gli assistenti sociali hanno il compito di seguire scelte importanti come la scuola, la salute, le cure dei bambini. Edi sostenere marane e papà aiutandoli, per esempio, a trovare un lavoro». Togliere tin figlio ai genitori «è una scelta sofferta, aia si fa con l’obiettivo di proteggere i bambini» ribadisce Ariela Casartelli, assistente sociale da 2Sanni, Spesso sono le stesse madri a chiedere di essere allontanate dai figli. «Così ha deciso Elena,che ha lasciato la stia bimba di 44 mesi: dopo anni vissuti in un tunnel di vodka e psicofarmaci, si è fatta curare. E ha voluto riabbracciare la piccola solo quando è tornata “pulita”» racconta Lino Latella, direttore di Fondazione Arché, la onlus che dal 1991 accoglie nelle sue strutture mamme e bambini disagiati.

ALLONTANARE I FIGLI PUÒ ESSERE UN ERRORE? «Sì, lo è quando entrambi i genitori o anche uno solo di loro dimostra la volontà di risolvere i propri problemi nota Remiza D’Agata, presidente dell’Aria, associazione degli avvocati per la famiglia e per i minori della Sicilia. «A volte l’errore di togliere i tigli viene agevolato dallo stereotipo di “manna e papà perfetti”. Molte coppie invece hanno bisogno di essere guidate passo dopo passo ad accudire i bambini e a superare ostacoli che sembrano insormontabili, conte la ricerca di una casa o di un lavoro. Separarli dai figli può rivelarsi una decisione che, anziché migliorare le cose, le peggiora».

C’È UNA SOLUZIONE DIVERSA DALLA SEPARAZIONE? Sì, gli esperti la chiamano “l’altra via”: mandare genitori e figli, insieme, in una casa-accoglienza. «Lo scopo è aiutare le donne a diventare madri consapevoli» spiega Lino Latella. “Qui le ragazze hanno sostegno medico e psicologico e la possibilità di seguire dei corsi di formazione professionale per trovare un impiego. E’ un percorso di recupero che dura in media un anno e mezzo”.

PERCHÉ SI VA NELLE CASE-ACCOGLIENZA? «Aumentano i casi di donne che un compagno non l’hanno mai avuto o hanno detto addio alle violenze e alle minacce del partner» dice Lino Latella di Fondazione Arché. «Il tribunale decide di farle ospitare dalle case-accoglienza perché non c’è un nucleo familiare classico da ricostruire, ma storie di disperazione da cui uscire. E in strutture conte queste le madri trovano la strada giusta». Per Valeria, la strada giusta passa attraverso farmaci che “mettano all’angolo” la malattia mentale che la tormenta da tempo. «Il tribunale le ha dato un aut aut: se non si cura, le toglie la bambina» spiega Latella. «Da sola non ci sarebbe riuscita: si è appoggiata alla nostra fondazione e oggi sta cercando un lavoro». Anche Paola sta provando a ricostruire la sua vita. Figlia di tossici, a i4 armi si è fatta la prima striscia di cocaina, dopo che la madre se n’era tirata una sotto i suoi occhi. A t8 il primo buco d’eroina. Poi è rimasta incinta ciel suo pusher. Ma ha iniziato in una casa-accoglienza il lunghissimo percorso di disintossicazione. «Da qualche mese si è trasferita con il figlia in un appartamento» racconta Latella. «Quando mi sussurra che riesce a pagare le bollette da sola, il suo viso si illumina, sembra un’altra persona». Le case accoglienza diventano una via di salvezza soprattutto per chi viene da lontano, non parla la nostra lingua o scioglie il silenzio per cancellare guerre e tragedie..«Come Aishia,egiziana, madre di 2 figli disabili » ricorda il direttore di Arché. «Ha lasciato il suo Paese per seguire il marito, che poi si è rivelato un borro violento. Quando lui ha picchiato anche i bambini, lei lo ha denunciato. Oggi ha di nuovo una speranza. Si sente forte, dice che la tempesta è passata: ora rimangono solo quei piccoli temporali estivi clic: poi lasciano il cielo ancora più bello».