Quant’è difficile l’adozione in pancia!

Martina scrive:
Secondo me culturalmente è difficile accostarsi a questo nuovo tipo di adozione in Italia, perché chi ha esperienza di adozione nazionale normalmente ha vissuto situazioni molto diverse da quelle “previste” in questa nuova procedura: spesso si adottano bambini tolti alle famiglie biologiche, il cui destino si decide in un’aula di tribunale (o in molte aule di tribunale, per molto tempo), e per cui la conservazione dell’anonimato della famiglia adottante è un vincolo indispensabile per completare l’adozione. Le famiglie biologiche normalmente non vogliono vedersi sottratti i bambini, anche se non hanno i requisiti minimi per essere giudicate idonee ad allevarli. È quindi logico che con un background di questo tipo si veda con sospetto un contatto diretto con la famiglia biologica. Ma credo che quando la mamma biologica maturi la decisione consapevole di non voler tenere con sé il bambino che porta in grembo, nel modo più “sereno” possibile, allora davvero questa nuova strada, l’adozione in pancia, potrebbe offrire a questi bambini una possibilità inestimabile.

Credo però che il cammino culturale da fare sia ancora lungo, soprattutto quando questa proposta si scontra con la mentalità che un bambino in pancia entro i mesi di gravidanza consentiti, non è che una parte del corpo della donna, che quindi può deciderne liberamente il destino.

Cara Martina,

l’adozione in pancia è un modo di fare adozione profondamente diverso da quello conosciuto e applicato in Italia fino ad oggi. In altri paesi, come negli USA, è sperimentata da diversi anni: in molti casi offre alle madri biologiche l’opportunità di compiere una scelta diversa da quella estrema dell’aborto, raggiungendo così l’obiettivo di offrire al nascituro un’opportunità in più di essere accolto e amato come figlio.

Certamente, come Lei ci scrive, è necessario un cammino culturale lungo e importante. Non dobbiamo infatti dimenticare i risvolti psicologici di questo modo di “fare adozione”; è un cammino che pone i protagonisti dell’adozione di fronte a particolari vissuti emotivi non facili da gestire: il rapporto con la madre biologica, la gestione della storia del bambino, i “fantasmi” e le paure rispetto al futuro…

Dunque è fondamentale che gli adottanti siano formati, preparati e accompagnati gradualmente in questo ipotetico iter in modo da riuscire ad arrivare con serenità a compiere e a gestire un’adozione realizzata con queste particolari modalità. D’altra parte è ugualmente necessario ed essenziale l’accompagnamento parallelo di quelle madri che decidono di dare il proprio bimbo in adozione, per assicurargli quel futuro di figlio che altrimenti non potrebbe forse avere.

Insomma l’adozione in pancia ha bisogno, per poter trovare concretezza, di una mobilitazione di risorse psicologiche, culturali e sociali notevole e di una mobilitazione di energie e di professionalità, magari anche attingendo all’esperienza di chi già realizza questa forma di adozione da molto tempo.

Lisa Rigobello, psicologa e psicoterapeuta di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini